Gianni Pennacchi
da Roma
Dire che nella Casa delle libertà ci si cosparge il capo di cenere, che montano sgomento e disperazione per il risultato del referendum francese sulla Costituzione europea, sarebbe davvero fuori luogo. Anzi, pur senza raggiungere i toni esultanti della Lega, cè nelle altre forze di governo limpegno lucido e determinato a leggere la bocciatura per quella che è rispetto allEuropa, più che per i risvolti di politica interna francese; e dunque a trarne le conseguenze. In prima fila a premere per non minimizzare, lanciando laltolà a quanti invece propongono di «andare avanti» ugualmente, sono proprio le cariche istituzionali, Marcello Pera e Pier Ferdinando Casini.
Dare delleuroscettico a Casini sarebbe un insulto, ma ieri il presidente della Camera, in visita nel Montenegro, ha esortato a «ripensare lEuropa»; e lo ha fatto ufficialmente, parlando ai suoi pari grado dei paesi che saffacciano sullAdriatico. «Sono presidente di un Parlamento che, a larga maggioranza, ha ratificato la Costituzione europea, pur considerando che essa è frutto di un compromesso al ribasso che non ha risvegliato alcun entusiasmo nei cittadini», ha detto Casini per poi proseguire: «A mio parere lItalia ha fatto la scelta giusta, ma adesso il voto francese va ascoltato. Non mi piace chi fa finta di niente, chi minimizza, né chi ricorre alleuroretorica che ormai non serve più allEuropa. Dobbiamo avere il coraggio di dire ai paesi balcanici: fermiamoci e ripensiamo lEuropa. Leuroretorica non serve».
Se i francesi hanno seppellito, o quanto meno bloccato lEuropa? «Certamente no», risponde a sua volta il presidente del Senato, però questo referendum «è un colpo mortale alla Costituzione europea». Mortale, dice Pera, dunque la Carta è da riscrivere e ne spiega il perché: «Si è dimostrata molto affrettata e, io credo, eccessivamente ambiziosa. Affrettata per quanto riguarda lallargamento, che è venuto in modo repentino, senza che i cittadini europei ne fossero consapevoli; e anche molto pesante la Costituzione, perché troppo dettagliata, troppo ridondante».
In Forza Italia poi, cè Giulio Tremonti che ieri mattina ha appuntato sulla giacca linsegna della Legion donore, per festeggiare in silenzio. Era a un convegno a Milano, e non voleva parlare. Poi però, sè sfogato: «Cè stato un cumulo derrori da parte di chi ha guidato lEuropa e la cultura europea negli ultimi cinque anni. Questo voto non è contro la costituzione europea, ma contro i signori dellEuropa che devono andare a casa», e come il voto olandese che probabilmente si replicherà, è «il frutto del malessere, della paura della deriva che lEuropa sta prendendo». Quindi giù contro «il burocrate europeo demente» che ha abolito i contratti di formazione lavoro, laltro che «produce chilometri di gazzetta ufficiale», Tremonti fulmina: «Affidare lEuropa a questa gente, è come mandare Hitler allOnu». Più o meno è la linea del coordinatore Sandro Bondi, che spiega come questo non sia «un voto contro lEuropa bensì contro questa Europa, lEuropa della moneta e dei banchieri, della tecnocrazia e non dei popoli, unEuropa che si è allontanata da quella dei padri fondatori». Fabrizio Cicchitto sottolinea che «il problema è serio e non può essere affrontato facendo finta di nulla e dando risposte burocratiche», dunque lancia già una proposta concreta: «Non sarebbe male una revisione del patto di Maastricht e anche una riflessione sul testo della Costituzione».
Probabilmente era preferibile che anche in Italia si esprimesse direttamente il popolo sovrano, e ora Marco Follini ammette che poteva «essere forse una buona idea», lui in realtà «non era contrario» ma occorreva una legge costituzionale. Subito però sè levato Roberto Calderoli a rimbrottarlo: «Non è vero che Follini fosse daccordo», soltanto la Lega premeva per «sentire il popolo». Ad ogni modo, due ratifiche non sono possibili, e Follini resta allesito del referendum francese, che «apre una crepa alledificio europeo. Edificio che però va rafforzato e ristrutturato». La ricetta del segretario dellUdc è semplice: «Serve unEuropa meno burocratica, meno retorica e celebrativa. Ma sia chiaro: serve più Europa, non meno».
Revisione, revisione, è la parola dordine che sale anche da An. Mario Landolfi dice che «questa Europa, così come è stata costruita, devessere rivista».
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