Pera a Nassirya: «L’Italia ha fatto la scelta giusta»

Appello all’Europa: deve far di più contro il terrorismo

Massimiliano Scafi

da Roma

Golfino blu, giacca militare, un bicchiere di spumante in mano, Marcello Pera si fa fotografare a lungo con i nostri soldati sotto il tendone di Camp Mittica. Natale di pioggia e fango a Nassirya, dove il presidente del Senato porta «il grazie dell’Italia intera», difende le ragioni della nostra presenza e attacca con durezza l’Europa, il multipolarismo e il «pacifismo che diventa anarchia». «Tutto il Paese - dice brindando con le truppe - deve essere fiero di quello che state facendo. Quanti avevano perplessità e obiezioni su questa missione, sono stati smentiti dai vostri risultati. Avete eccellenti rapporti con la popolazione, svolgete un’attività di ricostruzione e ricevete l’apprezzamento delle autorità irachene, che mi hanno più volte espresso il desiderio che il vostro lavoro venga completato». Insomma, «abbiamo fatto la scelta giusta».
Sette ore di ritardo. L’aereo è rotto e Pera resta bloccato a Kuwait City. Arriva per il cenone. Menu classico: Parmigiano, prosciutto, spaghetti alla marinara, ravioli, cotolette, arrosto, pesce, torrone e panettone. Poi la messa di mezzanotte. Il giorno dopo, la cerimonia per ricordare le 17 vittime dell’attentato di novembre 2003, più Fabrizio Quattrocchi ed Enzo Baldoni. «Siamo qui perché promuoviamo la democrazia», dice il presidente del Senato «e stiamo avendo i primi successi». Quest’anno a Bagdad urne aperte per tre volte. «Se si sono tenute due elezioni e un referendum - insiste Pera -, se la popolazione è potuta andare ai seggi per esercitare un suo diritto fondamentale, se sono stati eletti un Parlamento e un governo, se gli iracheni stanno tornando alla libertà, lo dovremo a chi ha scelto di intervenire. Se questo Paese si sta non solo stabilizzando, ma avviando sulla strada della democrazia, il merito è anche del vostro impegno. L’Italia è orgogliosa e non può declinare le proprie responsabilità».
Come invece, secondo il presidente del Senato, pare fare l’Ue. «L’Europa - spiega - sembra avvertire la minaccia del terrorismo in modo attenuato, è incline a pensare che si tratti di un fenomeno isolato e transitorio, tende quasi a giustificarlo, considerandolo una risposta comprensibile a un supposto espansionismo occidentale». Così non va. «È un atteggiamento sbagliato, che ha portato a divisioni tra le due sponde dell’Atlantico. La richiesta del multipolarismo di fatto equivale a paralizzare le decisioni strategiche o a delegare le proprie responsabilità a Washington, salvo poi criticare gli Usa quando intervengono». L’Europa deve fare di più «per esportare la cultura dei diritti umani fondamentali in quei Paesi che non li rispettano, per aiutare i popoli che chiedono libertà». Difficile, sostiene Pera, che possa riuscirci un’Unione «che crede così poco nella propria identità che la cancella persino dal preambolo della Costituzione, peraltro fallita». Perciò, se la Ue «non ritroverà i suoi principi», diventerà «irrilevante sulla scena politica ed economica mondiale». Quel giorno «avremo perso tutti».
L’Irak è «il crocevia del terrorismo internazionale» ma il problema, continua Pera, è che non tutti hanno capito il pericolo. «Molti stentano a credere che anche la sicurezza delle nostre città dipenda dalla stabilità in aree remote. E molti pensano che una manifestazione pacifista qui possa fermare un tiranno là. La democrazia deve poter metter radici nel Medio Oriente ed è questo che stanno facendo oggi le forze armate italiane».

E conclude citando il Papa: «Quando era ancora cardinale, sottolineò come fosse da rifiutare un pacifismo che non conosce più valori degni di essre difesi. Un modo di essere per la pace così fondato significa anarchia e nell’anarchia i fondamenti della libertà si sono persi».

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