Cè unanalogia tra la vicenda Alitalia e la crisi innescata dai mutui sub-prime in alcune grandi banche americane e inglesi. Unanalogia che molti non vedono o non vogliono vedere. Sono anni che economisti di qualità e politici illuminati ci spiegano lorrore degli interventi pubblici nelleconomia (...)
(...) di mercato. I commissari europei, a cominciare da Neelie Kroes e Charlie McCreevy, si stracciano le vesti non appena qualche governo europeo tenta di intervenire su questa o su quella società pubblica bollando come aiuti di Stato qualunque tipo di iniziativa. Insomma, da anni ci spiegano che il mercato ha in sé la forza del riequilibrio garantendo una sana selezione darwiniana tra aziende vitali e quelle decotte. Ebbene da qualche settimana gli stessi commentatori plaudono alla nazionalizzazione della banca inglese Northen Rock e allintervento della Federal Reserve americana che ha prestato soldi alla JP Morgan perché salvasse dal fallimento la Bear Stearns. Diciamo subito che questi interventi e altri che ne seguiranno sono, a nostro giudizio, necessari per evitare una crisi finanziaria di inimmaginabili proporzioni internazionali con effetti devastanti sulleconomia reale americana ed europea. In altro momento discuteremo le responsabilità di quanti hanno determinato questo stato di cose, a cominciare dalle autorità di vigilanza per finire ai grandi banchieri. Quel che ci preme sottolineare adesso è quel doppiopesismo culturale e politico per cui la Northern Rock e la Bear Stearns vanno salvate da un intervento pubblico mentre lazionista pubblico di Alitalia o svende a tre soldi la propria azienda o deve fallire. Se per caso lazionista pubblico di Alitalia, nel caso specifico il Tesoro, volesse fare quel che normalmente fa un azionista privato e cioè una ricapitalizzazione al servizio di un nuovo piano industriale, incorrerebbe nel «reato» di aiuti di Stato. Conosciamo bene le critiche feroci che tutti farebbero a questa possibile iniziativa. In 15 anni avete dilapidato miliardi di euro in Alitalia e volete metterne ancora ci direbbero le vestali del mercato. E in parte non hanno torto. Diciamo subito che le società pubbliche sono spesso fior di aziende che guadagnano e danno soddisfazione ai propri azionisti. Finmeccanica e Fincantieri, ad esempio, (la prima è quotata laltra no) sono aziende che nei rispettivi settori sono leader mondiali sviluppando ricerca e innovazione, aumentando l'occupazione e distribuendo dividendi importanti. Per non parlare di Eni ed Enel naturalmente. Con ciò vogliamo dire solo che i piani industriali di Alitalia sono miseramente falliti in questi anni non perché a gestirli era un azionista pubblico ma perché i vari amministratori si sono sempre piegati ai sindacati e invece di tagliare parte del personale in eccesso razionalizzandolo hanno tagliato le rotte pensando così di ridurre i costi. Il disastro non poteva che essere dietro la porta. Sia chiara una cosa. Da queste colonne abbiamo sostenuto e continuiamo a sostenere che lingresso di Alitalia in Air France-Klm è la strada più giusta perché lo Stato italiano può diventare il secondo socio dopo lo Stato francese nella più grande compagnia aerea europea e una tra le prime al mondo. I gravi ritardi del governo che ha cincischiato con inutili gare esplorative sta costringendo lAlitalia a una trattativa con la pistola puntata alla tempia. Se lalternativa è, però, solo la morte finanziaria e commerciale per le proposte iugulatorie di Air France, la strada di una ricapitalizzazione e di un ingresso di nuovi soci privati e pubblici oltre che di altri accordi commerciali con diverse grandi compagnie internazionali non può essere assolutamente preclusa.
Geronimo
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