Cronache

Ecco perché essere vegani non è una scelta etica

Gli alimenti amati dai vegani politically correct sono spesso "sporchi di sangue" e arrivano da lavori forzati e criminalità organizzata

Ecco perché essere vegani non è una scelta etica

Cosa spinge, nella maggior parte dei casi, una persona a diventare vegana? L'etica. Sì, perché uccidere gli animali non è giusto. Fin qui niente da ridire, si tratta di scelte. Ma chi segue questa filosofia, forse non sa, però, che dietro al tipico pasto vegano a base di quinoa c'è una realtà fatta di rapimenti e banditismo locale. La quinoa, il cui prezzo è triplicato dal 2006 al 2011 fino a raggiungere i 3mila euro la tonnellata, viene coltivata nei due Paesi più poveri del Sud America: Perù e Bolivia.

Come riporta Dagospia, questo alimento ipocalorico e ricco di proteine era alla base di molti piatti tipici locali, ma vista l'enorme richiesta degli ultimi anni ora il 90 % della quinoa prodotta viene venduto all'estero. Il mercato "vegano" ha creato così scompiglio nei due Paesi: a colpi di candelotti di dinamite e rapimenti le persone lottano per la conquista di terreni coltivabili a quinoa.

In particolare, in Perù la quinoa costa ora più del riso e del pollo. Se poi consideriamo l'elevato livello di malnutrizione nel Paese, l'alimento - poi diventato inaccesibile -era fondamentale per via delle sue qualità nutritive. Oggi, secondo l'Unicef, il 19,5% dei bambini peruviani soffre di malnutrizione cronica. L'etica vegana inciampa quindi nella dura realtà dei fatti.

Altri protagonisti indiscussi dei piatti vegani sono gli anacardi, fondamentali per sostituire tutte le ricette a base di latte animale. Il 40% di questo frutto secco proviene dal Vietnam, e qui viene prodotto dai tossicodipendenti condannati e costretti al lavoro forzato. A riportare la notizia è la Human Right Watch, che li ha nominati "anacardi insaguinati".

Non può mancare, naturalmente, l'amatissimo avocado. Peccato però, che i vegani politcally correct non sappiano che per produrne mezzo kg vengono mediamente impiegati 270 litri d’acqua.

Per non parlare poi dell'enorme giro d'affari criminale che gestisce - in modi non del tutto etici - certe piantagioni di avocado in Messico.

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