Politica

Perché Fini dovrebbe essere contento

E adesso? È capitato l’irreparabile. Martedì ho visto immagini di Gianfranco Fini al TgUno, ho alzato il volume e ho sentito che il presidente della Camera aveva querelato il direttore di questo giornale. Ieri mattina ho avuto la conferma leggendo l’editoriale di Vittorio Feltri. Devo quindi integrare il discorso partendo da quest’ulteriore elemento. Berlusconi è un politico? Sì. E Repubblica e L’Unità sono giornali? Sì. Berlusconi fa una causa per danni a Repubblica e L’Unità, e parte un appello per raccogliere firme a tutela della libertà di stampa. Firmano tutti, scrittori, direttori d’orchestra, registi, tutti indignati, 340mila firme. Bene. Fini è un politico? Sì. Il Giornale è un giornale? Sì. Fini denuncia il Giornale per diffamazione (invero più annunciata che reale) e quindi la libertà di stampa è minacciata. Le firme raccolte per L’Unità e Repubblica valgono anche per il Giornale e, dunque, il metodo e il tentativo di intimidazione di Fini sono gli stessi di Berlusconi. Non sembra.
In prima pagina l’altroieri Repubblica titolava «Dossier, attacco a Fini. La minaccia del “Giornale”». Quello che per Repubblica è diritto di cronaca, dovere di informazione, nel caso del Giornale è «nuovo violento attacco del direttore del Giornale contro Fini. Il secondo in una settimana». A ben vedere l’attacco di Repubblica a Berlusconi è il 150º in 5 mesi. Ma attaccare Berlusconi con esclusivi riferimenti alla sfera sessuale è diritto di cronaca, scrivere di Fini e delle sue contraddizioni è una minaccia qualificata come «attacco politico accompagnato da una pesantissima allusione a un non meglio precisato dossier a luci rosse». Ma la libertà di stampa non è anche questo? Si può querelare un giornale perché riferisce un fatto? Questa dunque è la questione preliminare.
Ma veniamo alle mie riflessioni sul caso Feltri-Fini. Scusatemi, ma Feltri e Fini non hanno detto la stessa cosa? Intendo, Feltri ha illustrato la posizione politica, culturale e, se vogliamo, anche la contraddizione di Fini rispetto alle posizioni prevalenti del Pdl e alle convinzioni degli elettori di centrodestra e in particolare di An. Non è un’opinione e nemmeno una notizia che Fini sia mutato rispetto a quello che ammirava Mussolini e rispetto a quello che avrebbe voluto escludere dalle scuole gli insegnanti dichiaratamente gay.
Oggi Fini appare laico, illuminato, propone, in contrasto con la Lega e con gran parte del Pdl, il voto agli immigrati in nome di principi umani condivisibili e mostrando minor preoccupazione per i problemi della sicurezza. Ha posizioni interessanti anche in materia di testamento biologico, non ne ha fatto mistero. Dunque Feltri, illustrando il pensiero e le contraddizioni di Fini, e addirittura in parte condividendoli, cosa ha fatto di male? Non ha forse esercitato il diritto di cronaca? Di più. Ha consentito a Fini di confermare punto per punto le sue riflessioni dichiarando che esisteva un problema di democrazia interna del Pdl e che c’erano problemi, sottolineando anche la sua condivisione dell’azione della magistratura, accentuando il suo contrasto con l’indignazione e gli sfoghi del premier sulle annunciate inchieste di mafia e politica (come se non fosse bastato il grottesco processo ad Andreotti, e, per quanto riguarda An, Fini lo ricorderà, al povero Filippo Scalone).
Dunque Feltri non ha fatto altro che annunciare il pensiero di Fini, aprire la strada alle sue esternazioni, consentirgli di marcare la differenza con Berlusconi e con la linea del governo e della maggioranza. Ha sbagliato qualcosa? Ha mentito? Ha inventato? No. Ha, come ogni buon giornalista, anticipato. Anzi, ha mostrato di conoscere e interpretare fatti e pensieri. Una funzione che potremmo dire maieutica. Da ogni parte sento i perbenisti trattarlo come un sicario, come un killer. Non si capisce di cosa e di chi. Ricordando Borges se anche avesse fatto come Giuda (e non lo ha fatto) avrebbe aiutato Gesù e Fini non lo è. Ma certamente non è stato cattivo, non fatto niente di più che quello che il suo mestiere gli imponeva. Anzi, è stato troppo buono. Con gli articoli su Boffo ha consentito alla Chiesa di liberarsi di un direttore in contraddizione con i principi difesi dalla Chiesa restituendo più serenità all’Avvenire. Con gli articoli su Fini ha semplicemente evidenziato la radice malata del bipolarismo, indicando il fallimento, prevedibile, di un matrimonio più d’interesse che d’amore.
D’altra parte Feltri sa, come Fini sa, per esperienza, che al giorno d’oggi i matrimoni tendono a non durare (o dirlo è un pettegolezzo?); e che per evitare l’attuale strappo di Fini sarebbe bastato non cedere alle lusinghe del seduttore Berlusconi conservando Forza Italia e Alleanza nazionale con le loro identità e diversità unite, alleate ma non fuse. Non è quello che ha dimostrato che si poteva fare Casini che oggi Berlusconi vorrebbe di nuovo in coalizione? Il bipolarismo non c’è perché a destra ci sono Pdl e Lega (e non sarebbe stato più logico e distintivo invece che in due, coalizzarsi in quattro senza inseguire il fantasma del partito unico con il rischio del pensiero unico?) e a sinistra Pd e Di Pietro.
Da queste ridicole gabbie che escludono affini ma non identici cercano di uscire gli inevitabili ribelli, pur molto giudiziosi: a destra Fini, a sinistra Rutelli. Se il matrimonio fra An e Forza Italia è sembrato più facile, quello fra Margherita e Ds è partito male e si è consumato peggio. Anche senza l’annuncio di Feltri, e annunciandosi lui stesso con un libro, Rutelli ha denunciato le sue insoddisfazioni e distinzioni nel Pd, come ha presto fatto anche Pannella. Un altro matrimonio fallito e non per colpa di Feltri. Così Fini e Rutelli guardano con attenzione e rispetto e forse invidia il più ostinato, e certo non nemico di Berlusconi, Casini.
Questa è la storia dell’oggi.

Fini ne è un protagonista e quello che dice e che fa è davanti ai nostri occhi. Cosa c’entra il povero Feltri, se non perché ce lo ha raccontato? E che senso ha denunciarlo? Fini vuol difendere il proprio onore o vuole attentare, prima che alla libertà di stampa, alla verità delle cose?

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