Uno dei problemi forse più gravi della nostra società e del nostro tempo è lincapacità di capire la storia. Si è discusso molto, è vero, di «revisionismo», ma anche su che cosa si intenda per revisionismo è difficile trovare un accordo. Il Novecento, secolo di grande e rinnovato sviluppo delle discipline storiche, ci ha lasciato la più grande conquista: collocare sempre lavvenimento nel suo contesto. Contesto psicologico, religioso, politico, culturale o, se si vuole dirlo nei termini dellantropologia, capire il punto di vista dellindigeno, ossia dellattore di quella storia, contemporaneamente soggetto e oggetto di quel particolare contesto. La Chiesa non ha mai riconosciuto validità al nuovo modo di intendere e di fare storia, cosa che, se è permesso dirlo, le impedisce di comprendere non soltanto il proprio passato, ma anche ciò che afferma come valido in assoluto nellattualità.
Il «mea culpa» che Benedetto XVI ha pronunciato ieri a nome di tutte le Chiese per gli errori dei cristiani, condannando le violenze commesse dai crociati e dallinquisizione, mette in crisi sia i credenti nella Chiesa come istituzione divina che coloro che la guardano semplicemente come unistituzione religiosa e politica importante.
Dal punto di vista dei credenti riconoscere come colpevoli i crociati è davvero un pugno nel petto. Le crociate sono state decise dai Papi, finanziate con denaro chiesto a tutti i fedeli, anche i più poveri, con cicli massicci di predicazione apposita e incrementate con la promessa della salvezza eterna per tutti quelli che andavano a combattere per riconquistare la Terra santa.
La Madonna li proteggeva con una particolare benedizione ed era soprattutto questa fiducia nella Madonna a consolare le famiglie rimaste prive dellaffetto e del lavoro degli uomini per molti anni o per sempre.
Chi, dunque, ha sbagliato? I Papi che hanno indetto le crociate o i singoli fedeli? Potevano davvero, in quel contesto, i cristiani pensare che i Papi sbagliassero? Non credere alla promessa della salvezza eterna per chi, per quanto peccatore, offriva la propria vita a Cristo? Noi adesso non vogliamo pensare che anche i Papi, come molti politici, considerino i popoli colpevoli di ciò che decidono i loro capi, Re, Imperatori, Dittatori che siano. Da questo punto di vista non è ancora stato risolto il tragico dilemma delle responsabilità per quanto riguarda la Seconda guerra mondiale.
È anche per questo che chiediamo a un Papa tedesco, di cui comprendiamo e rispettiamo la sofferenza, di non mettere sulle spalle dei credenti e non credenti di oggi, con una maniera così generica e ambigua di ripensare la storia, dei nuovi pesi che essi non sono in grado, e non meritano di portare.
In realtà è difficilissimo, anzi quasi impossibile, chiedere scusa per la storia, perché la storia è fatta da uomini e gli uomini, ivi inclusi quelli dellistituzione Chiesa, vivono nella storia, in quel dato tempo, in quel dato luogo, in quel dato contesto politico, sociale, culturale, morale. Forse per tentare di salvarsi da questi legami la Chiesa dovrebbe rinunciare alla sua organizzazione nel mondo e consegnare il Vangelo alla libera azione dei credenti. Che lo voglia o no, infatti, quello che dice il Papa, comprese le scuse, ha una valenza politica nei confronti di tutti gli Stati, in primis lItalia, e ovviamente nei confronti degli Stati musulmani.
Il punto nevralgico per la Chiesa, nellambito di questa riflessione, è il «relativismo». Forse cè un equivoco su ciò che i Papi intendono per relativismo.
Ma dal punto di vista dello storico la cosa è viceversa molto chiara.
Il Papa ha chiesto scusa per linquisizione: cosa ne facciamo adesso di tutti quegli inquisitori che la Chiesa ha canonizzato? San Bernardino da Siena che mandava al rogo le streghe e i sodomiti di Firenze, sbagliava? O era lIstituzione Chiesa di quei tempi, la teologia di quei tempi che era responsabile dei suoi errori? La Chiesa ha affermato che è santo, dunque che non sbagliava.
Non sarebbe meglio ammettere la relatività del vissuto storico, ivi incluso quello della Chiesa?
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