Perché il Pd ligure parla la lingua degli antagonisti?

Perché il Pd ligure parla la lingua degli antagonisti?

(...) di beach volley brasiliane; b) poi, Massimo D’Alema viene contestato con fischietti e urla e il dibattito finisce a spintoni e insulti; c) il numero uno delle Ferrovie Moretti non può parlare per le intemperanze non dei familiari delle vittime del disastro di Viareggio, che in qualche modo sono anche assolutamente comprensibili nel loro dolore, ma soprattutto per le urla e gli insulti dei No Tav; d) Piero Fassino, ex leader dei Ds, ma soprattutto sindaco di Torino favorevole alla Tav, deve rinunciare a partecipare alla festa del suo partito «per impegni sopraggiunti» poche ore prima di salire sul palco.
Un crescendo continuo, più rosso che rossiniano, che - di fatto - ci pone di fronte alla solita domanda: come possono governare insieme le due sinistre? Eppure, quelle due sinistre sono le stesse che sono in giunta insieme in appoggio a Claudio Burlando e che rischiano di trovarsi alleate il prossimo anno alle comunali. Quelle due sinistre sono le stesse di cui Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista, proprio a Genova, a margine del Festival dell’Acqua, ha detto tranquillo: «Sono pronto a un accordo con il Pd per essere certo di cacciare Berlusconi». Programma comune, quello di Ferrero, che però finisce immediatamente: «Certo è che, un minuto dopo, si apre la discussione su come si affronta questa crisi e si rimette al centro un intervento pubblico in economia, finalizzato alla modifica del modello di sviluppo». È la stessa politica del Pd, siamo sicuri?
Mica finita. Perché non è del tutto vero che sinistra radicale e antagonista e Pd non si parlano mai. Il problema è che, quando lo fanno, succede in giornate come quella di Savona in cui la partenza della tappa del Giro della Padania viene rovinata da manifestanti che schiaffeggiano un ciclista e fanno finire all’ospedale un poliziotto, ferito per fortuna in modo lieve.
Un bilancio che non ha allarmato il leader di Rifondazione a Savona Marco Ravera, per cui è stata «una bella giornata per la città democratica e medaglia d’oro alla Resistenza». Ma, come ha ricordato benissimo il nostro Diego Pistacchi, anche il vicesegretario regionale del Pd Giovanni Lunardon non ha trovato di meglio che attaccare il Carroccio per la gara (e questo è legittimo), anziché condannare i facinorosi (e questo è molto meno legittimo). E nessuno dei «democratici e antifascisti» liguri ha aperto bocca per stigmatizzare l’accaduto.
Tanto per dire, ci sono pezzi del Pd, a cui pure il giro della Padania non piaceva, che comunque hanno detto cose sagge. Il deputato piddino Giorgio Merlo ha tuonato: «Condannare senza equivoci la violenza», aggiungendo: «È incresciosa». Poi, il senatore, sempre del Pd, Roberto Della Seta ha aggiunto: «Cercare di impedire una gara ciclistica è stupido e anche un po’ ipocrita, così come le fastidiose doppie morali». E il deputato, sempre del Pd, Enrico Farinone, che sta pure nel Club Parlamentari Amici della Bicicletta, ha aggiunto: «Le manifestazioni di protesta sono antidemocratiche, andate ben oltre il limite del normale dissenso». E, ribadisco, è tutta gente a cui il Giro della Padania, legittimamente, non piaceva.
E, addirittura, la dichiarazione più significativa mi è sembrata quella di Matteo Rossi, capogruppo di Sinistra Ecologia e Libertà, il partito di Nichi Vendola, in Regione: «Non condivido le contestazioni che sfociano in inutili atti aggressivi. È necessario usare l’arma dell’ironia, evitando ogni forma di violenza. Anche perché l’ironia fa più male».


Perché, invece, dalle nostre parti - dove pure Rifondazione conta su due consiglieri regionali capaci, attivi e perbene come Alessandro Benzi e Giacomo Conti - il resto della sinistra radicale e quella «riformista» del Pd, rigorosamente per autodefinizione e rigorosamente fra virgolette, parlano la stessa lingua? È la domanda delle domande.

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