«Chi butta fango sul partito deve andare fuori». Il leader del Pdl e presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel vertice di giovedì scorso a Palazzo Grazioli è stato chiaro. Daltronde, chi rimarrebbe a lungo in una casa della quale non condivide neppure le fondamenta? Chi resterebbe con una donna cui rinfaccia quotidianamente i difetti? E queste sono le metafore adatte per Italo Bocchino e Fabio Granata dei quali il Giornale ha raccolto le intemerate più o meno recenti. Il primo, braccio armato di Gianfranco Fini nellufficio di presidenza Pdl, destabilizza da mesi governo e partito prendendosela col Cavaliere, con i coordinatori e con luniverso mondo, reo di non sottomettersi alla superiorità morale e intellettuale delletica finiana. Il secondo, Granata, è ormai lincursore giustizialista nelle fila del Pdl, pronto a dire che «Spatuzza è attendibile» e che cè qualcuno nellesecutivo pronto a coprire la verità sulle stragi. «Mentre io invito allunità del Pdl loro continuano solo a martellare», si lamentava Berlusconi.
Il punto, però, è uno solo: che ci fanno nel Pdl? Se il partito ha gli strumenti per tutelarsi da chi ne lede lintegrità morale, che cosa si aspetta a utilizzarli prima che il continuo stillicidio della pattuglia finiana lo distrugga definitivamente?MA PERCHÉ STANNO NEL PDL?
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