Pericu: «Tredicimila euro per aprire un dibattito sul voto agli immigrati»

Il sindaco spiega le spese per difendere la delibera. Castellaneta: «Soldi sprecati mentre si taglia sul sociale»

Pericu: «Tredicimila euro per aprire un dibattito sul voto agli immigrati»

(...) a tutti i costi approvare in fretta, riuscendo tra l’altro a centrare l’obiettivo di strappare il «sì» della sala Rossa prima che alla Fiera venisse tagliato il nastro della Festa Nazionale dell’Unità, dove tutta l’attenzione della sinistra era concentrata su Genova e sui suoi amministratori.
Il fatto è che per approvare quella delibera non bastava la scelta, tutta politica, fatta dal centro sinistra di Palazzo Tursi. Occorreva l’assistenza legale, perché «la tematica dell’immigrazione e dei diritti da riconoscere agli immigrati appare particolarmente complessa e controversa, implicando non solo aspetti tecnico-normativi, ma anche aspetti culturali e sociali, come risulta dal dibattito in corso a livello nazionale o di unione europea». Bisognava cioè che qualche esperto aiutasse la prima commissione di Tursi a trovare la formula giusta e inattaccabile per cambiare lo statuto comunale e concedere il voto agli stranieri. Esperti, «professionisti esterni di provata esperienza e preparazione», perché a questa situazione «non era possibile far fronte con personale dipendente». Insomma, con 3.672 euro, occorreva chiedere l’assistenza dello studio legale «Angiolini e Associati» di Milano.
Detto, fatto, con la delibera del 27 luglio 2004, il Comune inseriva nel suo statuto il diritto di voto agli immigrati. Attese e puntuali sono arrivate le opposizioni alla decisione. Sergio Castellaneta e Gianni Bernabò Brea, i capigruppo di Liguria Nuova e An in consiglio comunale, hanno firmato per primi il ricorso al Tar della Liguria contro una scelta che contrastava con le leggi dello Stato e della Costituzione. Non solo, anche il governo si preoccupava di vederci chiaro e iniziava l’iter per l’annullamento della delibera genovese, dopo aver chiesto il parere al consiglio di Stato. Il Comune aveva previsto la reazione e si era infatti affidato agli esperti per reggere l’urto.
E, visto che erano stati messi di mezzo i due organi della giustizia amministrativa, la maggioranza di Giuseppe Pericu ha ritenuto opportuno fare anche di più. Di rivolgersi cioè ancora ai «professionisti esterni di provata esperienza e preparazione». Quindi, 5.000 più 4.896 euro da versare allo studio «Angiolini e associati» per fare il controricorso al Tar e la memoria al ministero dell’Interno e «resistere» ai procedimenti in corso.
Risultato: il 17 agosto 2005 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi firmava il decreto con il quale veniva annullata la delibera del Comune. La giunta Pericu restava, come ben sapeva, con il nulla in mano. In realtà ora ci sarebbe ancora in piedi la causa amministrativa al Tar. Il 10 novembre è fissata l’udienza. Ma intanto, lo dice lo stesso studio «Angiolini e associati» nella sua memoria: «Il Comune non ha mai compiuto alcun atto o comportamento il quale tendesse ad eseguire, attuare o comunque portare ad effetto la delibera 105 del 2004. Sicché nulla più essendovi di cui controvertere, nel presente giudizio è cessata la materia del contendere». Una causa ormai inutile, in sostanza. Il Comune ha già perso, e lo sa. Non pensa neppure a chiedere la rivincita. «Intanto però i soldi spesi in consulenze se ne sono andati - tuona Sergio Castellaneta -. Questa vicenda del voto agli immigrati è stata solo l’occasione per spendere altro denaro dei cittadini, proprio mentre ci si lamenta che mancheranno le risorse per provvedere alle necessità più urgenti dei genovesi».
Eppure il sindaco Giuseppe Pericu si sente vincitore. «Quando è stato presentato il ricorso al Tar era necessario opporsi - ha candidamente osservato ieri il sindaco -. Siamo comunque soddisfatti perché abbiamo creato un dibattito sul problema del voto agli immigrati, di aver acceso una fiammella sull’argomento.

Siamo certi che se l’Unione vincerà, questa fiammella diventerà un incendio. Il nostro obiettivo era capire fino a che punto il governo può intervenire nell’autonomia degli statuti comunali». Tredicimilacinquecentosessantotto euro per tutto questo sono veramente un prezzo di favore.

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