Roma - Da un lato gli strali contro lo «scippo» del giornale, dall’altro una causa milionaria che potrebbe affondare quella stessa testata. Curiosa la parabola di Flavia Perina, parlamentare del Fli ed ex direttrice del Secolo d’Italia, un po’ paladina della libera stampa e un po’ Lady Vendetta. Un anno fa, al momento di lasciare la tolda del quotidiano che aveva condotto su una rotta fermamente finiana, usava toni da pasionaria verso la sua creatura: «La nostra storia non finisce con un atto di prepotenza». La defenestrazione della parlamentare-giornalista, seguita all’insediamento di un Cda targato Pdl, era stata accompagnata da grandi polemiche e toni avvelenati. «Mi hanno cacciata», sospirava Flavia, sostenendo che il giornale non sarebbe più stato libero e vaticinando: «Il cambio di linea editoriale porterà alla morte del Secolo».
E, in effetti, il quotidiano, pur avendo aumentato le vendite nel dopo-Perina (ma la base di partenza era molto bassa), finanziariamente non se la passa troppo bene. Il problema, però, non sembra tanto essere la linea del nuovo direttore, Marcello De Angelis, ma come detto un po’ di pendenze giudiziarie. In gran parte sono un’eredità lasciata proprio dalla precedente gestione: redattori licenziati dall’ex direttrice che dopo aver fatto causa al giornale si ritrovano in aula a far valere i propri diritti. L’effetto, per la testata, è devastante: a fronte di risparmi per quasi 700mila euro strappati nell’ultimo anno a forza di rinegoziare contratti e forniture, gli esborsi per le cause di lavoro superano gli 800mila euro, azzerando ogni possibile beneficio. E producendo una situazione economica a dir poco precaria che mette a rischio la stessa sopravvivenza dello storico quotidiano, alle prese da anni con costanti ristrettezze economiche (tanto che De Angelis ha accettato l’incarico senza percepire alcun compenso).
Una situazione, questa, che dovrebbe preoccupare anche l’ex direttrice, visto che l’organico redazionale è rimasto invariato anche dopo il cambio alla guida del giornale, ed è insomma lo stesso di cui la Perina, appena un anno fa, si diceva «orgogliosa». Se i 19 redattori si ritrovassero per strada, insomma, nessuno dovrebbe esserne soddisfatto, tantomeno lei che di quel gruppo è stata a lungo la leader. Ma come si diceva, l’ultimo colpo di scena è proprio questo: qualche giorno fa, negli uffici amministrativi del quotidiano, in via della Scrofa, è arrivata la notifica dell’ennesima causa di lavoro. Ma questa volta a portare in tribunale il Secolo è proprio lei, Flavia Perina. Che ora per via giudiziaria vuole soddisfazione per il suo allontanamento, e chiede al giudice di condannare il quotidiano a sborsare 850mila euro di danni. I diritti, va da sé, sono sacrosanti, e se la Perina, che comprensibilmente ha il dente avvelenato, ritiene che il prezzo della sua defenestrazione superi il miliardo e mezzo abbondante di vecchie lire, fa certamente bene a chiedere al giudice di accertarlo. Ma una cosa è certa: se il tribunale le dovesse dare ragione, il Secolo e i suoi dipendenti (alcuni dei quali, tra l’altro, non fanno mistero della propria fede finiana) difficilmente potrebbero avere un futuro.
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