Laura Novelli
La scena è vuota. Eppure, via via che lo spettacolo procede, sembra che si riempia di oggetti, nomi, voci, luoghi capaci di risuonare dentro e di assumere vivida concretezza. Bastano le parole pronunciate da Mario Perrotta. Basta la forza evocativa del suo racconto, la voglia di disegnare una vicenda umana semplicemente narrando, semplicemente incastrando «Storia» e «storie».
Una sedia, qualche nota di musica e il gioco è fatto: eccoli qui, sotto i nostri occhi di spettatori/ascoltatori, i protagonisti de La Turnata (Italiani cìncali ! - parte seconda), nuova tappa del progetto che Perrotta (autore insieme con Nicola Bonazzi, oltre che regista e unico interprete) dedica da qualche anno al tema dellemigrazione italiana verso i Paesi del Nord Europa. Dopo lo straordinario successo del precedente Italiani cìncali! - parte prima: minatori in Belgio, incentrato sulla tragedia di Marcinelle e la drammatica esperienza del lavoro nelle miniere, il bravo attore pugliese posa adesso lo sguardo sullemigrazione in Svizzera. Gli anni sono emblematici di unepoca di forti contraddizioni (siamo tra il 55 e il 69) e stavolta il punto di vista (affidato, nel primo titolo, al postino Pinuccio) è quello di un bambino. Uno dei tanti minorenni italiani che vivevano in Svizzera da clandestini, nascosti in casa come talpe, perché i genitori appartenevano alla schiera dei cosiddetti lavoratori «stagionali» (una manovalanza assunta per qualche mese lanno, poi licenziata per essere di nuovo assunta: negato qualsiasi diritto e negata, soprattutto, la possibilità di costruirsi un futuro).
La pièce - scritta sulla base di testimonianze reali raccolte in giro per la Penisola - scava nella realtà di un fenomeno mai abbastanza noto che colpisce per la sua forte attualità. LItalia di oggi, terra di approdi e sbarchi carichi di speranza, è un po la Svizzera di allora e la tragedia si ripete con lo strazio di sempre, sovrapponendo il passato alla cronaca. Ma cè da dire che Perrotta, sorretto da una recitazione secca e moderna, non sceglie di raggiungere lo scopo attraverso registri solenni o enfatici.
Egli, semmai, alterna toni seri a virate ironiche, proclami civili a scarti surreali. Il suo giovane protagonista ci conduce in medias res progressivamente: la povertà del paese dorigine, la partenza prima del nonno poi del padre, larrivo in Svizzera e infine - sta qui lo scarto forse più teatrale del lavoro - il ritorno in Italia (la «turnata» appunto) per seppellire quel nonno morto di fatica e sacrifici.
E su tutto vigila la sua fervida fantasia di ragazzino/voce narrante che impasta la «storia» di candore ma che, in diversi passaggi del testo, lascia il campo alla «Storia», alla denuncia, allattacco politico.
In scena allOrologio (Sala Gassman) fino al 9 ottobre. Info: 06/6875550.