Belen, gli uomini e la coerenza negata: il paradosso del femminismo intermittente

Un caso emerso a Belve espone il cortocircuito etico dell'ideale di uguaglianza che si scontra con la difficoltà culturale di eradicare lo stereotipo di "innocenza di genere" femminile

Belen, gli uomini e la coerenza negata: il paradosso del femminismo intermittente
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"Sono aggressiva, manesca. Quando mi parte ‘la sudamericana’… I miei fidanzati li ho menati tutti. De Martino è quello che ne ha prese di più". Così Belen Rodriguez ha parlato a Belve con Francesca Fagnani raccontando un aspetto della sua vita privata poco noto che, per galanteria, nessun uomo con la quale è stata ha mai rivelato. È uno sforzo di fantasia limitato immaginare cosa sarebbe accaduto a parti invertite, ossia se un uomo avesse raccontato di aver "menato" tutte le sue fidanzate, perché ci sarebbe giustamente stata una sollevazione popolare. Ma Belen può, perché è Belen o perché è donna? Questo tema sulla violenza femminile, che nel caso di Belen non è stata grave, si presta però a una riflessione che è stata anche oggetto di studi sociologici.

Il racconto è stato fatto con un'ironia leggera in cui la violenza si è trasformata in un tratto caratteriale pittoresco, in un maldestro tentativo di romanticizzare l'aggressione fisica come manifestazione di passionalità esuberante. "A uno gli ho lanciato un cactus. Qualche graffio… In Argentina le cose si risolvono così",ha aggiunto ancora la showgirl. Vien difficile immaginare che le donne argentine si comportino sempre così con gli uomini, che sia quasi una consuetudine radicata in Sudamerica, e infatti in tanti si sono indignati davanti a queste parole.

Le femministe non hanno aperto bocca, non ci sono state alzate di scudi contro la violenza, che va ripudiata in qualunque sua declinazione, anche e soprattutto in ambito domestico. E sarebbe stata una comunicazione matura se da parte dei collettivi femministi si fosse stata qualche voce di condanna nei confronti di Belen, proprio nel nome di quell'uguaglianza che si pretende per diritto, giustamente, ma che, purtroppo, è sempre e solo a momenti alterni, ossia quando è più conveniente. Il fenomeno trova le sue radici in concetti di lunga data che associano stereotipicamente forza fisica, pericolosità e potere in senso lato alla sfera maschile: il che è storicamente vero, ma il mondo è progredito.

Questa sedimentazione culturale ostacola il riconoscimento della donna nel ruolo di aggressore o di soggetto capace di infliggere un danno significativo ed emerge da una ricerca sociologica del Comune di Torino.

Di conseguenza, la tendenza a sminuire o persino a giustificare comportamenti violenti perpetrati da donne si alimenta di una visione distorta che sovrappone automaticamente al genere femminile un'aura di "innocenza di genere". Ma questo è un altro stereotipo che dev'essere eradicato e il mondo femminista può essere d'impatto, scardinando l'immagine della donna "debole" e "vittima", sempre e comunque.

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