
Compie 60 anni Carlo Cracco, e dice di sentirsi meglio oggi che a 40. Nessun rimpianto, nessun rimorso. "Il tempo te lo misurano i figli — dice —, li vedi crescere e capisci che stai diventando grande", racconta in un'intervista al Corriere della Sera. Nato a Creazzo (VI) l’8 ottobre 1965, oggi è uno degli chef più noti d’Italia, ma prima di diventare un volto televisivo e un’icona della ristorazione milanese, Cracco ha dovuto fare una lunga strada.
Dalla dieta alla cucina
L’amore per il cibo nasce da una necessità: da piccolo era sovrappeso e sua madre, ottima cuoca, cominciò a dimezzargli le porzioni. Se voleva mangiare, doveva seguirla ai fornelli. Da lì parte tutto. A 5 anni, ricorda con tenerezza, era in colonia a Riccione con il fratello maggiore: "Stavo da Dio. L’unica gioia era la torta diplomatica della domenica". Tornava dimagrito, soddisfatto. La scuola alberghiera non fu una scelta ovvia: "Volevo fare il seminario, ma era troppo costoso. Così scelsi l’istituto meno triste".
E pensare che al primo trimestre prese 4 in cucina. Il riscatto arrivò facendo pratica da Remo, noto ristorante vicentino. "Dodici ore di lavoro al giorno, mi addormentavo appena toccavo il letto".
Marchesi, la svolta
Dopo il diploma e il servizio militare, a 19 anni Cracco era già in cucina come responsabile, ma non era soddisfatto. Così arriva il salto a Milano, alla scuola Altopalato dove seguiva i corsi di Gualtiero Marchesi, con cui poi lavorerà. Lo raggiungeva da pendolare, con treni e corriere, per mesi. "Marchesi mi cucinò a fuoco lento — racconta — ma quando mi metto in testa una cosa, ci arrivo".
Marchesi gli insegnò che uno chef deve capire le persone, non solo cucinare. E quando Cracco sentì di aver raggiunto un tetto in Italia, fu proprio il maestro a suggerirgli di andare in Francia, da Ducasse. Lì resterà quattro anni. Poi altre tappe fondamentali: Enoteca Pinchiorri, Albereta, esperienze stellate ma ancora “dietro le quinte”.
Il ristorante Cracco e la fama
La prima vera consacrazione personale arriva con l’apertura del Cracco-Peck a Milano nel 2001, in via Victor Hugo. "Nessuno dopo Marchesi aveva mai messo il proprio nome su un ristorante", sottolinea. Da lì passano Pavarotti, Ciampi, Agnelli, Renzi, fino a Tim Cook.
Con la tv il salto definitivo: MasterChef lo rende popolare al grande pubblico. "Al primo provino finsi di non essere io - racconta - al secondo mi comportai malissimo, ma mi presero lo stesso". Il programma riportò la gente nei ristoranti, ma dopo sei anni Cracco si annoiò e lasciò. La popolarità però aveva un prezzo: "Ogni giorno mi arrivavano lettere d’amore. Mia moglie mi consigliò di non usare WhatsApp né i social".
La moglie Rosa, l’amore e la vita privata
Da anni accanto a lui c’è Rosa Fanti, sua moglie, socia e compagna di vita. "Un colpo di culo", scherza. "Abbiamo quasi vent’anni di differenza, ma ho dato retta a quell’1% di possibilità che potesse andare bene. E l’ho fatto bene". Rosa ha in mano il suo cellulare tutto il giorno. "Condividiamo tutto. E stiamo costruendo insieme la nostra azienda agraria in Romagna". Sulla gelosia? "Siamo entrambi gelosi, io forse di più. Ma con lei non ho nulla da nascondere".
Le critiche e la stella tolta
Dopo MasterChef, perse una stella Michelin. "Ero diventato pericoloso - dice -, si pensava: se Cracco fa tv, allora lo faranno tutti". Polemiche anche per lo spot delle patatine. Ma lui risponde: "Marchesi fu testimonial dei surgelati. Abbiamo la memoria corta e tanta invidia sociale".
Il suo ristorante in Galleria Vittorio Emanuele è un progetto riuscito. "Uno spazio abbandonato da vent’anni, lo abbiamo restaurato con lo studio Peregalli Sartori Rimini.
Paghiamo l’affitto al Comune e ci sono passati tutti: da Tilda Swinton a Favino".E i soldi?
Nonostante la fama, Cracco smorza i toni sul successo economico: "Sfatiamo il mito: a fare il mio mestiere non diventi ricco. Sopravvivi bene, sì. Ma ricco, no".