
I punti chiave
Il prossimo 22 novembre "Nino, 18 giorni", il film dedicato a Nino D'Angelo, uscirà nelle sale cinematografiche in un evento unico. Il regista Toni D'Angelo, figlio dell'artista, ha raccontato il padre con un docufilm che ripercorre le tappe più importanti della vita dell'artista dall'infanzia povera nel quartiere di San Pietro a Patierno, nella periferia di Napoli, fino allo straordinario successo ottenuto negli anni '70 e '80. Padre e figlio sono reduci dalla presentazione della pellicola alla Mostra del cinema di Venezia e sulle pagine di Oggi Nino D'Angelo ha parlato con orgoglio del lavoro fatto dal figlio nel mettere su pellicola la sua biografia. A colpire, però, sono state alcune dichiarazioni rilasciate alla rivista sul prezzo del successo e sul suo fantomatico caschetto biondo.
Il successo, la fama e i soldi
Nato e cresciuto in una famiglia povera Nino D'Angelo arrivò al successo negli anni '70 prima grazie alle canzoni in dialetto napoletano poi attraverso la recitazione. Con l'uscita di "Celebrità", il suo primo film da protagonista, la sua carriera subì una svolta: la fama, il successo, i primi importanti guadagni con i quali comprare casa ai genitori e togliersi molti sfizi. Ma con il tempo Nino ha capito che i soldi non avrebbero fatto la sua felicità: "Quando hai tutto è difficile essere felice. E io lo sono stato, felice, molto più da povero che da ricco", ha ammesso sulle pagine di Oggi, chiarendo: "Se dovessi rinascere vorrei rinascere dove e come sono nato. È più bello così, perché è una conquista ogni giorno".
Il caschetto biondo
Gli anni '70 e '80 furono quelli del grande successo. Diviso tra la musica e il cinema, metà cantante metà attore, Nino conquistò il suo posto nell'olimpo dei grandi anche grazie al suo caschetto biondo. La storia di come nacque il suo look nei primi anni di successo venne raccontata da D'Angelo a Torino Cronaca: "La mia carriera aveva preso la strada giusta quindi mi recai dal mio parrucchiere di fiducia, Enzo Caliendo, che ha ancora il suo negozio a Napoli, e gli chiesi un consiglio sul mio look. Non ero particolarmente avvenente, volevo farmi notare. Mi guardò, ci pensò un po' poi mi propose il caschetto e, non contento, mi ossigenò i capelli. Fu un successo, fui tra i primi a portare il caschetto insieme con la Carrà". Eppure quei capelli biondi e quel caschetto a un certo punto della sua vita divennero una gabbia.
"Mi sono reso conto che era una maschera, non ero io… Mi sono pure un po’ depresso, perché non sapevo più chi fossi", ha confessato l'artista sulle pagine di Oggi. E nel docufilm si parla anche di questo come di un momento importante della sua carriera e della sua vita.