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La vita di Jon Fosse. Tra alcol e ritorno salvifico alla fede

Anatomia del complicato percorso verso il Nobel. Così si potrebbe descrivere il lungo ritratto/intervista che il quotidiano britannico The Guardian ha realizzato con il Premio Nobel per la Letteratura di quest'anno, il norvegese Jon Fosse

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Anatomia del complicato percorso verso il Nobel. Così si potrebbe descrivere il lungo ritratto/intervista che il quotidiano britannico The Guardian ha realizzato con il Premio Nobel per la Letteratura di quest'anno, il norvegese Jon Fosse. Al centro del racconto il crollo fisico ed emotivo che lo colpì nel 2012.

Fosse ha spiegato che all'epoca stava affondando nell'alcol. «Penso che fondamentalmente scrivere assomigli al bere per me. Quando bevi diventi qualcuno un po' diverso e ti sbarazzi del tuo sé normale. E per me scrivere non è esprimermi, è liberarmi di me stesso. Alla fine mi sono stancato moltissimo di tutto questo. Stavo bevendo davvero troppo. Stavo scrivendo davvero troppo. Era troppo di tutto».

Un periodo davvero duro per lo scrittore che si stava dedicando al teatro, un genere che l'ha come «consumato». «Sono una persona timida e in un certo senso molto riservata e il teatro è l'opposto. Quindi ero la persona sbagliata per quel lavoro. Non ho rimpianti. Era bello bere whisky», ha dichiarato il 64enne autore nell'intervista. Ma da quando è uscito dall'ospedale in cui entrò all'epoca per disintossicarsi non ha più bevuto e ora afferma di non sentire la mancanza dell'alcol. Il tutto grazie a una svolta profonda, anche religiosa. Il momento più duro di una vita non semplice.

Nato nel 1959 da una famiglia di contadini nella Norvegia occidentale, aveva 7 anni quando subì un incidente quasi mortale. Uno dei suoi personaggi, Asle, un alter ego ricorrente nei suoi libri, subisce lo stesso incidente nella sua raccolta di racconti Scenes from a Childhood (1994) e in Septology (2021), ampiamente considerato il suo capolavoro. Ma sul tema lui resta sempre nel vago. Anche ora: «Non mi piace parlarne, a dire il vero. Ho perso molto sangue ed ero vicino alla morte, senza dubbio... Ho visto una specie di luce scintillante ed era molto tranquillo e bello. Penso che questa esperienza mi abbia cambiato in modo fondamentale e forse mi abbia reso uno scrittore».

E forse a quell'evento è anche collegata l'altra svolta avvenuta dopo il 2012. Anarchico e di sinistra, Fosse è sempre rimasto ai bordi della religione. «Già negli anni Ottanta frequentavo la chiesa cattolica di Bergen... mi attirava ma sentivo che era sbagliato convertirsi». Poi dopo il crollo, la scelta di allontanarsi dalla vita pubblica e l'incontro con quella che sarebbe diventata la sua terza moglie, la svolta: «Quando ho smesso di bere, ho sentito di aver bisogno di qualcos'altro, qualcosa di più forte. Poi ho ricominciato a guardare al cattolicesimo...». Fatto che vede intrinsecamente collegato anche alla pratica della scrittura: «Ho scritto e non capivo da dove venisse l'ispirazione. Viene da qualche altra parte».

Un percorso incredibile verso un Nobel a cui Fosse proprio non riusciva a credere. Quando Mats Malm, il segretario permanente dell'Accademia di Svezia, l'ha chiamato per avvisarlo, non voleva convincersi.

Allora Malm gli ha detto: «Se non ci credi guardami in televisione all'una in punto».

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