Nella «corsa dei levrieri» Alessandro Petacchi è una gazzella, elegante e irraggiungibile. Nella Parigi-Tours, il mondiale dei velocisti, un posto particolare ce lha anche lui, Erik Zabel, il 36enne fuoriclasse tedesco, tre volte vincitore qui a Tours, più di duecento vittorie in carriera, che ha pilotato come meglio non avrebbe potuto fare il velocista spezzino in quegli ultimi e interminabili 2.400 metri de lavenue de Grammont. Lha letteralmente portato fuori da quel reticolato di maglie, lha messo in posizione di sparo e Petacchi da lì è partito per una progressione senza storia per i suoi avversari, ma carica di gloria per questo ragazzo di 32 anni, che anche questanno chiude la sua stagione da plurivittorioso: 21 corse vinte (nessuno come lui), tra le quali spiccano le cinque tappe al Giro, le due alla Vuelta e questa Parigi-Tours, una delle poche classiche a non essere mai stata vinta dal mito Eddy Merckx (assieme al Campionato di Zurigo, ndr) e anche da un velocista di rango come Mario Cipollini.
«È una gioia immensa, che temevo di non poter provare ma che speravo di poter un giorno vivere dice con la sua tradizionale gnagnera da eterno scontento il Peta, che con quella di ieri ha portato a 142 le vittorie in carriera -. Ci tenevo a chiudere in bellezza una stagione che per me non è stata assolutamente facile. Questanno tornavo alle competizioni dopo un bruttissimo incidente al ginocchio e nemmeno io sapevo se sarei potuto tornare sui miei livelli. La svolta a Cagliari, tappa del Giro, quando mi sono sentito nuovamente competitivo. Poi la batosta della positività al Ventolin (tappa del Giro a Pinerolo, nelle sue urine tracce di salbutamolo: soffre di asma da sforzo e da anni corre con certificato medico, ndr). Sospeso in attesa di giudizio: niente Tour. Poi i gradi di giudizio, due assoluzioni piene, torno a correre alla Vuelta, ma la questione non è ancora chiusa, il Coni ha ricorso al Tas e lo stesso farà anche la Wada. Diciamo che non è un buon momento, anche se ci sarebbe tutto per poter essere felici. La vittoria? È tutta per Anna Chiara, lei sa perché».
Una dedica per la moglie, ma anche per Zabel, luomo in più.
«Erik doveva cambiare squadra, ma ha preferito cambiare idea: staremo ancora assieme. Lui è un grande professionista, un uomo eccezionale, un mago nel destreggiarsi negli arrivi convulsi come quello di oggi dice -. È lui che ha scelto lattimo giusto. Ero arrivato secondo nel 2003, partendo lungo, proprio dietro a Erik e mi sono ricordato di ritardare un po lo sprint per evitare lo stesso errore. Ogni vittoria ha una sua storia, ma posso senzaltro dire che dopo la Sanremo del 2005 questa è la più bella».
La corsa è stata caratterizzata dalla lunga fuga a tre promossa da Boucher, Pauwels e da Manuel Quinziato, ultimo ad arrendersi a sette chilometri dalla conclusione. Sul primo dei tre strappetti che caratterizzano il finale è poi scattato il belga Gilbert seguito dall'olandese Kroon e da Pippo Pozzato: i tre hanno dato a lungo l'impressione di poter andare al traguardo, ma sono stati ripresi quando al traguardo mancavano appena 1500 metri.
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