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Petacchi trascina l’Italia al crac Vince Boonen sprinter da Playboy

L’azzurro, in giornata no, tiene all’oscuro il ct Ballerini delle proprie condizioni. Il tecnico punta comunque su di lui ed è una disfatta. La spunta il belga dominatore della stagione e corteggiato dalla rivista

Cristiano Gatti

nostro inviato a Madrid

Fallimento? No, qualcosa di peggio: è bancarotta. Siamo soltanto i dominatori del giorno prima. Fino alla vigilia, ci raccontiamo in giro per il mondo come la nazionale più forte, più completa, più compatta. Poi, alla resa dei fatti, la fatica profusa in chiacchiere e in narcisismi presenta il conto: tra i sorrisi di compatimento e di perfidia degli altri Paesi, perveniamo sfiancati alla meta, molto lontani dall'iride. Purtroppo sta diventando una sinistra tradizione: dopo il biblico tracollo dell'anno scorso in casa nostra, all'ombra dell'Arena di Verona, dove comunque Paolini aveva salvato la faccia con un bronzo, nell'arena di Madrid, alle cinque della sera, facciamo la malinconica fine del toro: matati e macellati, in un tripudio di popolo.
Su col morale: in fondo, nel 1983 era andata peggio, con Saronni primo degli italiani al diciassettesimo posto. Stavolta il nostro migliore è Bettini, autore di una gara tutta all'attacco - pure troppo -, conclusa da tredicesimo. C'è tutto per una bella festa: serve solo qualcuno che porti i barbiturici.
A vincere è il discendente di Merckx, il belloccio belga corteggiato da Playboy Tom Boonen, classe 1980, capace quest'anno di mettere in cassaforte Giro delle Fiandre, Parigi-Roubaix, due tappe del Tour e adesso il Mondiale. Dopo una gara noiosa e monotona, dopo aver lasciato un poco di spazio ai temerari di giornata, il talento belga si presenta puntualissimo in testa al gruppo negli ultimi cinquecento metri, dove tramortisce l'altro talentino, lo spagnolo Valverde, in un testa a testa che sa molto di domani.
E Petacchi? Meglio stendere un velo pietoso. O pietroso. Sì, pietroso. Quando si fallisce così clamorosamente un Mondiale, bisogna essere pronti anche alla lapidazione. Fa parte del gioco: in questa giornata, grandi osanna o grandi sassate. Al nostro velocista, superfavorito da mesi, doverosamente fornito di squadra tutta per lui, non sono concesse scusanti. Non solo ha la colpa involontaria di accusare una sinusite, non solo ha la seconda colpa involontaria di trovarsi con le gambe vuote a quindici chilometri dal traguardo. Sopra qualunque attenuante, sopra qualunque discorso, aleggia la colpa gravissima di avvertire la squadra quando ormai è tardi per inventarsi un'alternativa.
A quel punto, è un effetto a cascata. O meglio: a frana. Il primo ad essere trascinato nel baratro è il cittì Ballerini: quando Petacchi alza bandiera bianca, lui non gli crede fino in fondo. Ha qualche ragione: tante volte, i successi di Petacchi sono preceduti da una sua dichiarazione di pessimismo. Questione di carattere. Di gnagnera ligure e marinara. Originario di Sarzana, l'uomo non ha mai brillato per euforie ed entusiasmi. Ne sa qualcosa il suo diesse Ferretti, che difatti dice regolarmente agli altri di tirare comunque, quasi obbligando Petacchi a vincere.
Ballerini, probabilmente, si fa tradire da questi precedenti. Dovendo decidere in pochi secondi, non se la sente di buttare a mare un campione su cui ha puntato tutto. Così, fa partire l'ordine rovinoso e masochista: si sta vicini al capitano. In caso di sprint, lui ci sarà.
Purtroppo, stavolta va tutto in un altro modo. Petacchi è mortaccione per davvero. Non solo: lo stop del cittì agli altri azzurri, almeno a quelli più veloci come Paolini e Pozzato, finisce per isolare definitivamente Bettini, da tempo là davanti ad alimentare le disperate fughe e ad imbarcare fatica. Nonostante tutto, per qualche attimo l'olimpionico sembra pure farcela, quando si trova all'ultimo chilometro con Vinokourov. Ma è solo un'illusione ottica. I grandi fondisti del reparto velocità, come Boonen e Valverde, rinvengono prepotenti all'ultima curva, dopodichè il destino azzurro si compie in tutta la sua cupa enormità: nessuno nei primi dieci, solo Bettini nei primi venti. Risultato memorabile, da oltre due decenni non si faceva peggio.
Adesso, secondo la più luminosa tradizione dei Mondiali, si apre la lunga stagione dei perché. Già, perché ci hanno fatti neri? I sottili sofisti che amano la strategia spiegheranno come e dove abbiamo sbagliato, ripercorrendo la gara centimetro per centimetro, pedalando forte sul potente mezzo chiamato senno del poi. Ma se c'è un disastro che non richiede grande acume investigativo, questo è certamente lo storico Madrid 2005. Abbiamo perso per un motivo semplicissimo: Petacchi era impresentabile. Il peggior Petacchi di sempre. Se sia solo un problema fisico, o piuttosto un problema psicologico di resistenza all'alta tensione, è argomento da chiarire. Però sul risultato c'è poco da discutere. E già che ci siamo, conviene dirla tutta: non solo Petacchi, ma l'intera squadra italiana esce pesantemente ridimensionata dalla gara spagnola. Niente, a parte il solito coraggio di Bettini, va salvato dall'inceneritore azzurro. Il primo a risponderne, inevitabilmente e doverosamente, sarà il cittì Ballerini.

Per lui si apre subito la fase due del Mondiale: quella dei processi. Durerà un inverno intero. Sul banco dell'accusa, tutta una moltitudine di grandi inquisitori: ciascuno con un'incontenibile voglia di prendergli il posto.

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