Rodolfo Parietti
da Milano
Sui mercati petroliferi irrompe il «fattore Bolivia», ulteriore elemento di destabilizzazione per prezzi già in forte tensione a causa dellavvicinarsi della sempre più probabile resa dei conti tra Iran e Stati Uniti. Pur facendo parte del programma elettorale del presidente Evo Morales, la nazionalizzazione dei giacimenti di greggio e gas ha colto di sorpresa i mercati. Che non hanno affatto gradito le immagini degli impianti delle compagnie straniere presidiati dai militari, né laut-aut di La Paz alle major, cui sono stati concessi 180 giorni per sottoscrivere con il governo boliviano i nuovi contratti per la produzione e la commercializzazione degli idrocarburi.
Già nellaria fin dalla mattina, lennesimo record del Brent è così arrivato a Londra nel tardo pomeriggio: 74,93 dollari, 13 centesimi in più rispetto al primato precedente, stabilito appena una decina di giorni fa, mentre a New York il light crude ha guadagnato oltre un dollaro a quota 74,75. A spaventare i mercati sono le conseguenze delle due precedenti nazionalizzazioni decise dalla Bolivia nel settore energetico (la prima, negli anni Trenta, ai danni dellamericana Standard Oil; laltra, nel 1969, che colpì la Gulf), ma soprattutto il braccio di ferro tra Iran e Stati Uniti. Segni di distensione non arrivano da Teheran, che ieri ha detto di considerare «possibile» un attacco da parte degli Usa, di essere pronta a colpire Israele per rappresaglia e di prevedere la salita delle quotazioni del barile fino a 100 dollari entro linverno. Il timore, in caso di un blitz americano, è che la capacità produttiva dellIran (quarto produttore a livello mondiale) possa venire seriamente compromessa; inoltre, il rischio di un allargamento del conflitto ai Paesi confinanti finisce per essere un fattore ulteriore di surriscaldamento dei prezzi. LEni sta seguendo con apprensione levolversi della situazione. «Certamente siamo molto attenti - ha spiegato l'ad del gruppo, Paolo Scaroni - perché abbiamo una presenza importante. Abbiamo fatto investimenti e ci dispiacerebbe abbandonare il Paese», anche se «faremo quello che il governo e l'Onu ci diranno di fare».
Ad aumentare la tensione hanno inoltre contribuito le dichiarazioni del ministro saudita del Petrolio Ali al-Naimi, secondo il quale sono da mettere in conto nuovi attacchi terroristici alle infrastrutture petrolifere da parte di al Qaida dopo quello del febbraio scorso ad Abqaib, mentre lEuropa teme ripercussioni sulleconomia causate dal caro-greggio. «Sebbene gli elevati prezzi del petrolio negli ultimi due anni non sembrino aver finora colpito le prospettive economiche europee e globali - spiega un rapporto della Commissione Ue -, l'attuale livello dei prezzi del petrolio può incidere sulla crescita economica nei mesi a venire se tali prezzi continueranno e se coincideranno con sviluppi monetari sfavorevoli o con investimenti speculativi».
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