Petrolio, Mosca e Minsk fanno pace

La Bielorussia toglie i dazi, ma la Russia pretende anche la restituzione di 80mila tonnellate di greggio. Bruxelles: crisi chiusa, presto flussi normali dall’oleodotto

da Milano

Il braccio di ferro si è sciolto in una stretta di mano. Anche se solo virtuale, per ora. Per veder ricomposta la lite petrolifera tra Russia e Bielorussia, si dovrà attendere l’esito dell’incontro, previsto per oggi, tra il premier bielorusso Sergei Sidorsky e il collega russo Mikhail Fradkov. L’Unione europea, durissima martedì scorso nello stigmatizzare il blocco dell’oleodotto Druzhba da cui transita il greggio diretto in Germania, Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, ha comunque fatto sapere di considerare la crisi già risolta. Nelle prossime ore, il normale flusso di greggio dovrebbe infatti venire ripristinato.
A sbloccare il contenzioso, cominciato a inizio settimana, è stata la decisione presa ieri da Minsk di cancellare il dazio di 45 dollari per tonnellata sul petrolio russo, una mossa di ritorsione contro i rincari sul prezzo dell’oro nero imposti dalla Russia. La capitolazione bielorussa potrebbe essere stata indotta dalla minaccia di Mosca di introdurre sanzioni per 6 miliardi di dollari sui beni esportati nella Federazione dall’ex Repubblica sovietica, oltre che dall’esigenza di preservare la pace sociale in un Paese dove ancora forti sono le spinte proto-sovietiche.
Il presidente russo, Vladimir Putin, sa di avere le carte migliori in mano. E intende giocarle. Non a caso, il raggiungimento di un’intesa rischia di essere subordinato alla restituzione della 80mila tonnellate di greggio di cui Minsk si sarebbe appropriata come anticipo sui dazi. La gestione stessa della vicenda nella giornata di ieri la dice lunga sui rapporti di forza tra i due Paesi. Fin dal primo pomeriggio, dopo un colloquio telefonico tra Putin e il presidente Aleksandr Lukashenko, la Bielorussia aveva annunciato il raggiungimento di un accordo. Risposta del Cremlino: nessun accordo, nessun compromesso, ma «due giorni per proporre vie d’uscita».
Così, nelle ore successive, si sono rincorse voci contraddittorie sulla ripresa delle forniture nel Vecchio continente, con Bruxelles rassicurata solo in serata dall’ambasciatore russo presso l’Ue sul superamento della controversia. L’irritazione europea, comunque, rimane. Il presidente della Commissione, Josè Manuel Barroso, ha detto che «la Russia ha il dovere morale di ricostruirsi una credibilità come Paese fornitore di greggio». La posta in gioco è alta. Nel primo trimestre 2007, solo dall’oleodotto Druzhba dovrebbero transitare 15,5 milioni di tonnellate verso l’Europa occidentale.

L’Italia, seppur non sfiorata dalla disputa tra Mosca e Minsk, ha chiesto attraverso il ministro degli Esteri Massimo D’Alema «che la Russia onori i suoi impegni contrattuali con il nostro Paese». Ancor vivo è del resto il ricordo di quanto successe nel gennaio 2006, quando la crisi tra Russia e Ucraina costrinse l’Italia ad attingere alle riserve strategiche e a convertire a olio combustile alcune centrali.

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