da Milano
Non si arresta la corsa dei prezzi del greggio, e lOpec si prepara a decidere, durante il vertice straordinario di venerdì prossimo, un ulteriore aumento della produzione. A New York il Wti ha addirittura raggiunto, sia pure temporaneamente, la «soglia psicologica» dei 60 dollari al barile, per riattestarsi poi sui 59,25 dollari. È lennesimo record battuto ieri, dopo che solo poche ore prima, sui mercati asiatici, le quotazioni avevano già sfondato la soglia dei 59 dollari al barile, spinte - oltre che dalle forti correnti speculative presenti sul mercato - dal timore che le raffinerie non saranno in grado di far fronte alla maggiore richiesta nella seconda metà dell'anno.
Per questanno si prevede infatti una crescita del 2,5% della domanda, in base alle stime elaborate dal dipartimento statunitense per lEnergia. Sul versante della produzione, inoltre, la Norvegia potrebbe essere paralizzata da uno sciopero dei lavoratori delle piattaforme offshore, che avrebbe come conseguenza una riduzione di circa 920mila barili al giorno, sui tre milioni che fanno della Norvegia il terzo esportatore mondiale di greggio, dopo Arabia Saudita e Russia.
C'è poi l'incognita rappresentata dallIrak, considerato che prima della seconda guerra del Golfo la produzione di questo Paese era di 2,48 milioni di barili giornalieri, mentre adesso è di appena 1,8 milioni.
I Paesi produttori di petrolio aderenti all'Opec potrebbero dunque decidere in nuovo vertice - come ha anticipato il presidente dellorganizzazione, Al-Sabah - un ulteriore aumento della produzione di altri 500mila barili al giorno, in aggiunta al mezzo milione già deliberato mercoledì. Ma la risposta potrebbe rivelarsi insufficiente, stando alle conclusioni di un rapporto della Mellon global investments sul settore petrolifero: «L'Agenzia internazionale per l'Energia - afferma Charles Whall, analista del settore Oil and Gas - stima che la domanda primaria mondiale di energia mostra un incremento del 60% tra il 2002 e il 2030». In particolare, è previsto un boom di richieste dalle economie emergenti di India e Cina: «Per soddisfare questa domanda - afferma lanalista - l'Opec avrebbe bisogno di raddoppiare i livelli attuali di produzione, cosa improbabile, dato che attualmente sta producendo petrolio a livelli prossimi o uguali alla capacità massima e che i tassi di reinvestimento, misurati in termini di trivellazioni attive, non sono aumentati in misura sufficiente ad accrescere la produzione».
E il caro greggio pesa anche sulla competitività del nostro Paese: «Con l'ennesimo rialzo del petrolio a 60 dollari al barile - commenta preoccupato Adolfo Urso, viceministro alle attività produttive - la ripresa del made in Italy è a rischio».
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