Milano - L’ex segretario della Cisl Savino Pezzotta lancia la sfida al «governo amico» e annuncia che «il 12 maggio prossimo, in piazza San Giovanni a Roma, saremo in 100mila: per dire un secco “no” ai Dico e proporre un cambio di rotta nelle politiche sulla famiglia: perché così proprio non va bene».
Pezzotta, come portavoce del Family day le stanno piovendo critiche da tutte le parti. I Dico non le vanno proprio giù...
«No, la famiglia sta subendo attacchi sia dal punto di vista culturale che politico. Diciamo “no” ai Dico perché possono avere gravi conseguenze sociali».
E con i diritti dei conviventi come la mettiamo?
«Il nostro altolà al progetto del governo non deriva da una discriminazione delle coppie di fatto etero od omosessuali. Nessun atteggiamento omofobico: anche loro hanno bisogno di tutele ma non accettiamo alcun tipo di simil matrimonio. I gay, per esempio, sono persone ma non categorie e perciò hanno dei bisogni, non diritti».
Un messaggio difficile da far passare. In più l’accusano di far da foglia di fico a una manifestazione clericale...
«Sbagliano, la nostra è una battaglia laica: difendiamo la Costituzione repubblicana dove è tutelata la famiglia fondata sul matrimonio tra maschio e femmina. I tifosi dei Dico, invece, dovrebbero avere il coraggio di dire che vogliono cambiare la Costituzione. Ma io non ci sto».
C’è un fossato tra laici e cattolici...
«Non sono io a voler dividere, anzi. Al meeting di Roma, dove non sventoleranno bandiere di partito né simboli, ci saranno elettori di destra e di sinistra, cattolici ma anche laici. Vogliamo soltanto dire che il disegno di legge non ci piace».
Insomma, questo governo proprio non la convince su questi temi...
«No. Ma se alle critiche e ai fischi sono abituato, confesso che mi ha fatto piacere l’interessamento bipartisan alle nostre richieste: ho avuto colloqui con Forza Italia, l’Udc, l’Udeur, An, la Margherita e persino i Ds. Apprezzo il dialogo, disprezzo l’intolleranza».
A cosa si riferisce?
«Ritengo inopportune, per usare un eufemismo, le scritte intimidatorie nei confronti del presidente della Cei, monsignor Bagnasco. Mi piacerebbe veder finire questa ondata anticlericale».
La famiglia è al centro dei suoi pensieri. Lo è anche in quelli di Prodi? Dia un voto all’esecutivo del Professore...
«Insufficiente, ma boccio pure tutti i governi precedenti, fino ad arrivare a quelli targati Dc: tanta retorica ma pochi interventi concreti. Tornando a Prodi, non ci convincono le sue politiche fiscali e il meeting di Roma sarà l’occasione per gridare con forza che l’extragettito va speso per i nuclei familiari».
Come utilizzerebbe il tesoretto?
«Sostenendo chi decide di fare figli. Viviamo in un periodo di grave declino demografico: perdiamo 200mila nuove unità all’anno, la società invecchia progressivamente e lo Stato sociale va ripensato in fretta. Dare più soldi alle famiglie significa sia dare maggior libertà ai nuclei familiari di ingrandirsi, ma anche aumentare la domanda e i consumi».
Una sorta di investimento...
«Più soldi alle famiglie significa più risorse da spendere in termini qualitativi per i figli: cioè più studi e in futuro più qualità delle risorse umane. Solo così possiamo invertire una tendenza sbagliata di cui anche il sindacato s’è reso responsabile».
Cos’è, un’autocritica?
«Spesso anche il sindacato ha avuto una visione troppo individualistica della società. Si pensava sempre e solo ai diritti del lavoratore inteso come capo famiglia. La realtà di oggi è un’altra: spesso lavorano anche le mogli e le mamme e bisogna ripartire considerando i nuclei familiari».
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