da Torino
Giocare a mamma e figlia diverte le bambine ma quando le due si chiamano Chaplin e dicono davere paura luna dellaltra, è più dun semplice gioco. Si tratta di cinema, di quello horror condito da terrore e segreti, serpenti e strumenti di tortura, pezze insanguinate e alambicchi, ora di scena a Torino, dove presso i faraonici studi Lumiq, polo deccellenza nostrano (ci ha girato Cronenberg), Geraldine Chaplin, lattrice classe 1944 figlia del celebre Charlie, e la di lei figlia Oona, nata dal terzo matrimonio di Geraldine (col regista cileno Patricio Castilla) si confrontano nellImago mortis, l«immagine della morte» vista dal regista romano Stefano Bessoni.
La vertiginosa coproduzione italo-iberico-irlandese, distribuita da Medusa a fine anno e che, nel cast, annovera lo spagnolo Alberto Amarilla, notato in Mare dentro di Amenabar, è capitanata da Sonia Raule, qui dea ex machina dun incontro fatale. Organizzando il casting, per trovare la protagonista Arianna, la scelta è caduta su Oona, fresca e solare. Alla prova dei vestiti, ho chiesto: «Ma sei parente di Geraldine?» e lei ha risposto: «È mia madre», ricorda Sonia, nota alle cronache mondane per i legami importanti, prima con un erede Agnelli e attualmente con il manager Franco Tatò. Al di là dellaneddoto, comunque, che parla del treno di vita di certe importanti famiglie internazionali, Geraldine e Oona partecipano a un gioco di specchi, allinterno di una fantasia gotica, ambientata in età barocca.
Quando lo scienziato Girolamo Fumagalli (Franco Pistoni), ossessionato dallidea di riprodurre le immagini, scoprì la Thanatografia, cioè la trascrizione, su supporto sensibile, delle ultime immagini, fissate sulla retina di colui che muore di morte violenta. E se Leonardo da Vinci subì un processo, per aver sezionato cadaveri, Fumagalli fu condannato a morte. E quella storia infame, ora, rivive in una scuola di cinema, dove lorfano Bruno (Alberto Amarilla), per mantenersi agli studi, di notte lavora presso larchivio scolastico. E chi farà compagnia al solitario giovanotto? Oona Chaplin, qui Arianna, studentessa dal carattere aperto, lo stesso che dimostra la ventunenne rampolla. «Sono spaventata dallidea di reggere al confronto con mia madre, un mostro di bravura», dice la ragazza, che non ha conosciuto nonno Charlot. Occhi neri vispissimi, un baschetto bianco col fiore di panno calcato sulla zazzera scura, stivaletti di camoscio e calzettoni da collegiale, Oona (che ha lo stesso nome della nonna O Neill, a sua volta erede del drammaturgo irlandese e sposa di Charlie) è al suo secondo film. Il terzo, si è saputo, sarà il prossimo 007, dove lei avrà una particina, glorificata anche dalla copertina di Vanity Fair. «Il primo sintitolava Art in Las Vegas e trattava, in senso negativo, della tecnologia avanzata, il mostro di noi contemporanei», spiega lattrice in erba, che ha studiato recitazione a Londra, dove vive, presso la Royal Academy of Dramatic Arts. «Essere allaltezza delle aspettative, non è uno scherzo. La mia è una famiglia di notevole peso artistico, ma cerco di fare del mio meglio. Il titolo provvisorio del film non mi piace: si riferisce esplicitamente alla morte. Preferirei Luz et umbras», suggerisce Oona, mangiando alla mensa degli studios sabaudi e mescolando allegramente latino, spagnolo e inglese.
Di fronte a lei, il padre regista (prepara Cosas que pasan, film impegnato sui desaparecidos cileni) bofonchia qualcosa su quanto sia difficile tenere insieme due donne così, che per fortuna sono «persone carine e distanti». Geraldine, infatti, si divide tra lArgentina e la Svizzera, dove, a Vevey, cè la casa di famiglia, buona per radunare gli innumerevoli parenti nelle feste comandate, mentre Oona ha la residenza inglese. «Mi fa più paura lavorare insieme con mia figlia, che vedermi di fronte gli orrendi serpenti sul set. Del resto, il mio personaggio di vecchia aristocratica, la contessa Orsini, non arretra di fronte a nulla. Neanche quando, in una scena, un serpente fa per darmi un bacio alla francese!», gioca Geraldine, magra come un chiodo e rimpannucciata in modo buffo e colorato. «Ero terrorizzata dallidea di lavorare con Oona, perché i figli vogliono genitori perfetti. Ma poi mi son resa conto che avevo di fronte Arianna, non mia figlia, tantè brava, la mia bambina».
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