Più dei finanziamenti alla lingua italiana servono idee chiare

U ltimo grido d’allarme degli accademici della Crusca, riunitisi a Palazzo Vecchio per denunciare lo stato disastroso delle finanze dell’Accademia, che ha ricevuto dallo Stato per il 2009 solo 190mila euro di contributi. Così ha dichiarato ieri la nuova presidente, Nicoletta Maraschio: «Il Consiglio di Stato ha stabilito che siamo un ente pubblico, uno status che solo noi e l’Accademia dei Lincei possiamo vantare tra le accademie italiane. Ma bisogna che sia una legge a sancirlo, disponendo una dotazione ordinaria: noi chiediamo 1 milione». Inutile prendersela, come da copione, con l’attuale governo, che secondo il senatore Marcucci (Pd) vorrebbe «dismettere la nostra lingua e finanziare un istituto per la promozione dei dialetti padani». Gli altri governi non hanno fatto meglio. Indubbiamente le richieste della Maraschio vanno prese in considerazione. Ma in tutta questa discussione sulla Crusca che sta per morire e il governo che non fa niente si trascura un punto essenziale: l’identità dell’Accademia. Giovanni Nencioni fu uno dei primi a rendersi conto di quanto ridotti fossero i margini di intervento di un’istituzione che aveva avuto il suo massimo splendore nell’Italia preunitaria. Basterebbe leggere la sezione «Quesiti e risposte» del periodico La Crusca per voi (12,1996) per rendersene conto. Ecco la risposta di Nencioni ad un lettore: «Finora i tentativi fatti per interessare concretamente gli organi governativi alle sorti della lingua nazionale non hanno avuto successo, benché sia stato chiesto un interessamento non coattivo ma consultivo ed educativo, soprattutto mediante la fondazione di un osservatorio neologico per la terminologia tecnica (spesso prodotta senza alcun riguardo alle strutture della lingua nazionale) e mediante una particolare attenzione, nella scuola, al valore di identità culturale che la lingua possiede».
Da allora la Crusca, che già Nencioni rappresentava «priva di poteri decisori» e «incerta e divisa sui concetti normativi», ha praticamente abdicato al suo fine statutario che è la difesa della lingua. Restano le attività di studio, che meritano di essere incoraggiate. Il senatore Marcucci chiama in causa il costituendo Consiglio Superiore della Lingua Italiana, che dovrebbe farsi carico del finanziamento richiesto. È ovvio che il CSLI, ove istituito, collaborerà con la Crusca così come con le altre istituzioni che hanno a che fare con la lingua, prima fra tutte la Dante Alighieri.

Ma non può esserne un tramite né una cinghia di trasmissione. La politica linguistica, così come quella culturale, economica, ecc., è dovunque prerogativa dei governi in carica, e se c’è una anomalia, è soltanto italiana.

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