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Più informazione sulle morti in culla

È l'incubo di ogni madre. Quella paura che porta a svegliarsi di colpo la notte per controllare il respiro del proprio bambino, per accertarsi che tutto vada bene e che il sonno del piccolo proceda tranquillo. Si chiama Sids, che sta per Sudden infant death syndrom, dall'inglese «morte improvvisa del lattante» e in alcuni casi anche del feto. Nel primo caso gli esperti parlano di un caso ogni 120-150 bambini, nel secondo invece, l'incidenza aumenta anche di sette o dieci volte. Accade più ai bambini maschi che alle femmine, tra il secondo e il quarto mese di vita e soprattutto d'inverno. In Lombardia tutti i casi vengono monitorati e studiati dal centro «Lino Rossi» dell'università di Milano, che dal 1997 ha istituito anche un registro apposito, dove segnare ogni singola storia e catalogarne le cause. Dove scrivere le caratteristiche e le età delle madri ed eventuali problemi riscontrati nel neonato.
«In Regione si sono contati circa 160 casi di Sids negli ultimi sei anni - spiega un'esperta del centro - a cui si aggiungono circa ottanta morti fetali. Parliamo di più di un caso alla settimana, e ultimamente sono più frequenti proprio queste ultime».
Bambini generati con una vulnerabilità genetica, e in particolare con anomalie congenite del tronco cerebrale e del sistema di conduzione cardiaco. A questo si aggiungono fattori di rischio come il fumo di sigaretta da parte della madre (i cui effetti sono incrementati dall'inquinamento), l’utilizzo di stupefacenti e di alcol.
«Per questo stiamo preparando un'intensa campagna di prevenzione - spiega la dottoressa Radice Fossati, presidente dell'associazione Vita in culla - che partirà proprio dalle scuole».

«La strada da percorrere è ancora lunga - sottolinea l'assessore alla Sanità della Regione Lombardia, Luciano Bresciani - ma l'implementazione di questo registro servirà per arrivare alle conoscenze epidemiologiche e di tutte le cause della malattia».

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