«Alle prossime elezioni ci presenteremo con liste a livello nazionale, Genova compresa. Non stiamo né con la Vincenzi o la Pinotti, né con Musso o con chi si candiderà nel centrodestra. Ci confrontiamo sui programmi. Non abbiamo pregiudiziali politiche. Se la sindaco o altri candidati accoglieranno le nostre proposte ovvero i nostri nuovi punti di vista, bene. Altrimenti, correremo da soli».
Il giornalista genovese Armando Siri, generazione dei quarantenni, ieri mattina ha presentato al Plaza Hotel il Partito Italia Nuova (Pin) che dal 2010 ha raccolto 4000 tesserati, dopo che nelle scorse amministrative si era presentato anche come candidato sindaco a Milano.
Genova è una delle roccaforti del neonato partito dei «punti di vista», ma anche delle nuove proposte per «rivoluzionare» pacificamente il sistema dell'amministrazione e della politica «guardando insieme al futuro».
«Per alcuni il 2012 sarà la fine del mondo. Per noi e per Genova sarà un nuovo inizio» ha detto Siri davanti a una platea di alcune decine di simpatizzanti che lo hanno bersagliato di domande. Il Pin propone una nuova Costituzione dove «l'unico interesse dello Stato è quello finale del cittadino» e parla di «bugia» quando all'art. 4 si recita che la Repubblica «garantisce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove tutte le condizioni necessarie per rendere effettivo questo diritto».
Per quanto riguarda l'articolo 3 «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale», i dirigenti del Pin non hanno peli sulla lingua: «Non è vero che in Italia siamo tutti uguali e lo sappiamo bene. Siamo tutti diversi e vogliamo invece che lo Stato sia uguale per tutti, senza distinzione di categorie. La Costituzione è vecchia di 60 anni. Non ci rappresenta più nella realtà. Ha esaurito il suo compito. Occorre poter contare su una Nuova Costituzione in pochi articoli, ma veri nella realtà».
Uno dei cavalli di battaglia del partito, neonato all'ombra della Lanterna, è quello del «rivoluzionario» sistema fiscale e previdenziale.
Il Pin propone che i cittadini cedano il 15 per cento dei loro guadagni e «non un soldo di più!», ma tutti devono pagare, dai 18 anni in poi, una tassa minima all'anno di 3mila euro. Gli stipendi sono erogati al lordo «perché così non ci saranno più tasse e trattenute» e le tasse le devono pagare tutti «pena la galera, come avviene negli Usa».
«Lo Stato non può darti un diritto al lavoro - spiega Siri - ma ti deve dare le opportunità di un lavoro grazie alla riduzione dei costi previdenziali fissi a 5mila euro per tutti e al patto stabilito con il mercato, secondo il quale faccio pagare molte meno tasse in cambio di posti di lavoro».
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