Cronaca locale

"Più morti per il colesterolo che per il Covid"

Nell'anno in cui è scoppiata la pandemia, il Covid è stata la terza principale causa di morte in Europa, con un totale di quasi 439mila decessi a fronte di 1,7 milioni di persone che hanno perso la vita a causa di malattie cardiovascolari

"Più morti per il colesterolo che per il Covid"

La salute del cuore degli italiani è peggiorata. Basti pensare che circa il 44 per cento del totale dei decessi nel nostro Paese sono dovuti a malattie cardiovascolari come infarto e ictus. Malori, e morti improvvise, anche tra i giovani. È quanto emerge dalla tavola rotonda «Pnrr, ipercolesterolemia, rischio cardiovascolare. Tra bisogni irrisolti, innovazione e nuove necessità organizzative» che si è tenuta ieri mattina a Palazzo Pirelli, organizzata da Motore Sanità.

Cosa sta succedendo? Nell'anno in cui è scoppiata la pandemia, il Covid è stata la terza principale causa di morte in Europa, con un totale di quasi 439mila decessi a fronte di 1,7 milioni di persone che hanno perso la vita a causa di malattie cardiovascolari. Confrontando il numero di decessi Covid con ulteriori decessi nel 2020, risulta che le principali cause di morte sono state le malattie del sistema circolatorio e il cancro (neoplasie maligne) e la terza causa di morte più frequente è stata il Covid, seguita dalle malattie respiratorie. In fase pandemica sono aumentati i fumatori, è aumentata la sedentarietà (anche per colpa dello smart working), l'incidenza dell'obesità e di eccesso di peso più in generale. Fattori che, nel tempo, portano con sé un problema al nostro cuore.

«Sappiamo che le persone si sono curate di meno spiega Furio Colivicchi presidente dell'Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) - . Nel periodo più pesante della pandemia, c'è stato un crollo delle vendite nelle farmacie dei farmaci per la cura dell'ipertensione e dell'ipercolesterolemia di oltre il 20 per cento. Questo si rapporta a un peggioramento complessivo della gestione di questi due fattori di rischio. Lo abbiamo visto anche nelle attività di pronto soccorso: per lo scompenso cardiaco, che è la fase finale di sviluppo della malattia, gli accessi sono aumentati di oltre il 25 per cento e la mortalità in ospedale dei pazienti scompensati è salita al 15-20 per cento (nel periodo della pandemia era triplicata)».

«Non abbiamo più alibi per non trattare i pazienti in maniera adeguata - commenta Fabrizio Giovanni Oliva, direttore Struttura complessa Cardiologia dell'Ospedale Niguarda -.È importante raggiungere i target terapeutici e l'attuale panorama con i nuovi farmaci ci permette di trattare anche quei pazienti che lamentano una scarsa tollerabilità, da verificare caso per caso, alle statine.

Abbiamo un armamentario abbastanza completo, bisogna riuscire metterlo in atto con tutti i meccanismi di tipo clinico e organizzativo necessari».

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