Più singoli e meno cd, il pop torna agli anni ’60

MilanoIn fondo i dati parlano chiaro: aumenta il download e diminuisce la vendita dei cd. Il pubblico, aiutato dall’ipod, autentico piede di porco per ribaltare le vecchie abitudini, è sempre più selettivo e volubile perciò sceglie singoli brani, li compra o li ruba dal web e poi si compila da solo la lista di canzoni da ascoltare. Lista fugace. Lista che cambia a tempo di moda. In fondo, fatte le dovute differenze, è quanto capitava negli anni Cinquanta e soprattutto Sessanta, quando si vendevano più 45 giri che 33 ed erano gli stessi artisti a preferire i primi usando i secondi come semplici collettori di singoli. D’altronde già una decina di anni fa Gino Paoli, uno che pubblicò molti brani prima di mettere in vendita un album, anticipò: «Si ritornerà a quei tempi, incideremo una canzone per volta». Intanto qualche cifra. Nel 2009 in Gran Bretagna, che vale il dieci per cento del mercato mondiale, la vendita dei singoli è cresciuta del 32.7 per cento ed è arrivata a 152 milioni di copie, delle quali addirittura il 98 per cento è digitale. Nella settimana dopo Natale ne sono stati scaricati 4.22 milioni di copie, record assoluto merito degli Mp3 player trovati sotto l’albero. Nel 2009 i possessori di iPod hanno comprato oltre nove miliardi di singole canzoni su iTunes che, secondo una ricerca della NPD Group, negli Stati Uniti vende un brano su quattro. E in Italia, che in questo campo è indietro rispetto al mondo anglosassone anche per i limiti medi di velocità del web, la musica digitale è cresciuta del 35 per cento (dati Fimi). Insomma, la tendenza è precisa e va al di là della semplice contabilità: il pubblico è più selettivo, preferisce collezionare brani piuttosto che opere complete e nel giro di pochi anni, predicono gli esperti, il focus del mercato sarà più concentrato sulle singole canzoni che sull’intero cd, tra l’altro in costante e irreversibile calo. In altre parole, si sta esaurendo una fase lunga circa quarant’anni (ah, gli anni Settanta e Ottanta con il culto dell’album!) e si torna al passato. Ovvio, si tratta di analisi a medio e lungo termine, però una ricerca inglese conferma che solo il 66 per cento dei giovani tra i 14 e i 18 anni preferisce il cd al download. E gli artisti, di fronte a dati inequivocabili, lentamente si adeguano. Intanto si sono drasticamente ridotti i tempi tra un disco e l’altro: il tourbillon del web impone un ricambio assiduo anche per nomi giganteschi che fino a pochi anni fa potevano permettersi lunghe pause tra una novità e l’altra. Gli U2 hanno appena finito un tour mondiale e sono di nuovo in studio per incidere nuove canzoni prima di ripartire per un altro giro di concerti, Britney Spears ha inciso due album a stretto giro, poi ha subito pubblicato un greatest hits con un brano nuovo e in primavera arriva con un altro disco. Il singolo Just dance di Lady Gaga, per dirne un’altra, è il secondo più scaricato del decennio con 4.69 milioni di download, mentre il primo, Low di Flo Rida, è a quota 5,2 milioni. E via elencando: e non sono cifre da sottovalutare. In Italia Gianna Nannini ha ripubblicato lo splendido Giannadream con l’aggiunta (anche) del nuovo singolo Salvami, il duetto con Giorgia scritto da Pacifico che sta avendo un grandioso successo. E sempre più frequentemente molti spalmano la loro presenza sul mercato pubblicando singoli sganciati dai rispettivi album o addirittura del tutto isolati.
D’altronde, mentre anche The Edge degli U2 segnala che «si è interrotto il flusso di credito all’industria musicale e quindi nessuno finanzierà tour e chiuderà contratti discografici», è evidente che il mercato cerca un nuovo equilibrio in attesa di regolamentazione legislativa e contrattuale per il web e per la responsabilità degli internet service provider in merito al flusso, virtuoso o meno, di download di file musicali. Perciò alla riduzione dei tempi di assenza e al progressivo disinteresse verso il cosiddetto album potrebbe corrispondere un incremento della pubblicazione dei singoli, che consentono visibilità agli artisti ma anche un ridotto dispendio di energie creative ed economiche. Proprio come negli anni Sessanta.

Però occhio: si tratta di tendenze generali e non particolari quindi non ci sarà una istantanea inversione di marcia anche perché, come osservava qualche tempo fa l’amministratore delegato della divisione musica registrata della Emi, Elio Leoni Sceti, «il settanta per cento del consumo di musica è digitale, eppure solo il venti per cento dei ricavi delle case discografiche proviene da quel settore». E allora sta a vedere che in un momento così, la via più praticabile per entrare nel futuro rischia davvero di trasformarsi in un ritorno al passato.
paolo.giordano@ilgiornale.it

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