Più vanno in tv e più li detestano

Gli italiani non sopportano più "quelli che vanno in televisione". Non quelli che la fanno, ma quelli che ci vanno spesso

Più vanno in tv e più li detestano

Cari spettatori allergia, allergia, di­rebbe oggi un nuovo Mike Bonanotte. Gli italiani non sopportano più «quelli che vanno in televisione». Non quelli che la fanno, ma quelli che ci vanno spesso. In primis i politici, poi gli ospiti fissi, intellettuali inclusi. La popolarità da video è un vistoso titolo di demerito e di squalifica, è come se fosse sovrimpresso sulla loro fronte un timbro del tipo: scaduto, già visto, usurato, nunsereggepiù.

L’indice di notorietà televisiva è in­versamente proporzionale all’indice di gradimento. Più ci vai meno piaci.

Vai in tv? Allora dimettiti. Il telege­nocidio non risparmia nessuno, da Monti in giù e incrina pure Napolita­no. Grillo l’ha capita, tanti anni fa la fiutò Bossi. Alcuni personaggi oracola­ri persero la loro aura quando scesero nel pollaio dei talk show. I presenti hanno sempre torto.

Quel che viene definita l’antipoliti­ca si compone in realtà di due facce: l’antipotere e l’antitv.L’avversione de­gli italiani non si limita infatti ai politi­ci, ma si estende a chi detiene il potere senza essere politico, dai tecnici ai banchieri e i supermanager, da Monti a Befera, il direttore delle Entrate. Chi va in tv dà la faccia al presente disa­stro, diventa l’indossatore della colle­zione autunno-inferno della Repub­blica.

Il consiglio a loro è la ritirata, via via

sfumando fino alla clandestinità. E si aprano nel Paese le selezioni per una classe dirigente mai vista.Alla fine il consiglio ai teleusurati e l'invettiva contro di loro coincidono e si compen­diano in una sola parola: SPARITE.

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