Il pianista di Hitler (Feltrinelli, pagg. 318, euro 19) di Thomas Snégaroff è un libro difficile da catalogare: fiction? Non fiction? La disquisizione perde subito interesse di fronte al risultato: un (non)romanzo perfettamente bilanciato tra narrativa e saggistica. La storia vera è ben documentata da storici e documentaristi. Snégaroff non inventa nulla, eppure c'è un colpo di scena, che ovviamente vi lasciamo scoprire da soli, proprio nelle ultime pagine. Un colpo di scena decisivo per svelare il mistero di Ernst Hanfstaengl, per gli amici Putzi. Rampollo di una buona famiglia di Monaco, vicino di casa di Thomas Mann, mercante d'arte sulla via del fallimento, doppia cittadinanza (è anche statunitense con tanto di studi a Harvard), pianista eccellente, anche se non raffinato, l'altissimo Putzi, quasi due metri, si direbbe un simpaticone, e tutti lo ritengono tale. Anche il leader di un partito in forte ascesa, Adolf Hitler. Putzi è dunque un nazista della prima ora. Rispetto ai nazisti ordinari, si distingue per una educazione che gli permette di attraversare tutti gli strati sociali, dai bassifondi alla vecchia «aristocrazia» borghese. Adolf si potrebbe definire un amico di famiglia. Gli Hanfstaengl hanno cercato di nasconderlo dopo il fallito putsch di Monaco del 1923. Una battuta d'arresto nell'ascesa irresistibile della svastica. Hitler frequenta volentieri casa Hanfstaengl, per vari motivi: forse gli piace la moglie di Ernst, sicuramente ha bisogno di essere inserito nell'alta borghesia, altrettanto sicuramente adora perdersi in fantasticherie mentre Putzi suona Wagner al pianoforte.
Putzi si direbbe un seguace personale di Hitler, più che un nazionalsocialista, anche se è antisemita. È sconvolto e soggiogato dalla presenza del Führer, che ritiene un superuomo, uno sciamano capace di incantare le folle. Però Putzi scivola rapidamente ai margini del cerchio magico. Gli affidano i rapporti con la stampa estera, incarico sempre meno importante perché il ministro Goebbels accentra l'intera propaganda nazionalsocialista. Putzi è ora un amante tradito, che si illude in continuazione di poter rientrare nelle grazie del divino Adolf. Il destino di Putzi non ha niente di eroico o tragico, nonostante le premesse. Di fatto riesce a evitare sia la Prima sia la Seconda guerra mondiale. Nel secondo caso, viene fatto prigioniero e inviato in una serie di campi di prigionia degli Alleati. Putzi riesce a riciclarsi come interprete della propaganda nazista, grazie ai suoi trascorsi. Roosevelt lo ritiene affidabile, e legge i rapporti di Putzi, che scrive quotidianamente o quasi. Caduta Berlino, il presidente degli Stati Uniti non sa che farsene di Putzi. Il «pianista» però se ne torna in patria senza pagare un conto troppo salato. Riprende possesso della sua casa di Monaco dove rimane indisturbato fino alla morte sopraggiunta nel 1975.
Resta un enigma per chi se ne è occupato: come è possibile che un uomo raffinato e cosmopolita sia rimasto ipnotizzato da un piccolo borghese come Hitler? Thomas Snégaroff ha una ultima carta da giocare per risolvere la questione: o forse per complicarla ancora di più.
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