Ci voleva un banchiere ed economista svizzero per far aprire gli occhi agli europei. Si chiama Konrad Hummler, guida una delle più antiche banche private elvetiche, la Wegelin, e in patria è conosciuto per il suo coraggio intellettuale. Nel 2008 denunciò le magagne della potentissima Ubs; più volte ha criticato lestablishment finanziario di Zurigo e il governo di Berna. Ora allarga lorizzonte e, in un report appena pubblicato, svela la riforma che lUnione europea ha messo in cantiere su un tema delicato e cruciale: quello dellarmonizzazione fiscale.
Più che una riforma, una rivoluzione che porta la firma di un italiano illustre: Mario Monti. Sì, proprio del presidente della Bocconi, che, sebbene dal 2004 non sia più commissario, dallo scorso ottobre è tornato nel giro che conta a Bruxelles, avendo ricevuto dal presidente della Commissione Ue lincarico di preparare il rapporto per rilanciare il mercato unico in Europa. Una missione prestigiosa, ma che né Monti né la Commissione hanno pubblicizzato, limitando la comunicazione pubblica a un comunicato di poche righe, lo scorso autunno, ignorato da quasi tutti i media. Poi più nulla.
Un caso. O forse no. Capita, a Bruxelles ma non solo, che le notizie più importanti siano quelle di cui nessuno parla. Dellargomento si è occupato, in cinque mesi e mezzo, solo lEconomist nella rubrica Charlemagne. Troppo poco per una riforma in divenire che meriterebbe un ampio e vigoroso dibattito. Con ogni probabilità, Monti non si limiterà a proporre labbattimento delle barriere normative e delle pratiche protezionistiche che, in certi settori, ancora impediscono un vero mercato tra i Ventisette, ma invocherà anche misure per limitare pesantemente la concorrenza tra gli Stati in materia fiscale.
In nome di una nobile finalità, naturalmente, ovvero per permettere ai singoli governi di finanziare lenorme spesa sociale che grava sui loro bilanci. E calibrando bene il linguaggio per prevenire eventuali resistenze nellopinione pubblica. Un progetto che lo stesso Monti delineò qualche mese fa in un articolo sul Financial Times in cui invocava un «coordinamento fiscale tra i Paesi», che assomigliava allarmonizzazione, ma risultava, etimologicamente, meno invasivo. Il presidente della Bocconi auspicava lampliamento delleconomia sociale di mercato con un obiettivo più ampio e ambizioso, quello di modellare lEuropa a immagine e somiglianza dei sistemi scandinavi. Dunque: più mercato intraeuropeo, ma anche più tasse e più Stato.
Pochi lanno scorso diedero importanza a quelleditoriale che però oggi andrebbe riletto e valutato con attenzione, perché, stando alle poche indiscrezioni trapelate, costituisce larchitrave della riforma, che, peraltro, sarebbe già alle battute finali (i lavori dovrebbe concludersi entro fine aprile). Una riforma appoggiata da Barroso, dallanonimo ma insidioso presidente europeo Herman Van Rompuy, dalle lobby di Bruxelles e pertanto potenzialmente vincente, seppur contraddittoria. Da un lato, infatti, la Ue vuole liberalizzare leconomia, dallaltro, però, intende impedire la concorrenza fiscale tra gli Stati.
Secondo Hummler, la riforma Monti è preoccupante anche perché si basa sullassunto, errato, secondo cui larmonizzazione comporta una riduzione dellonere fiscale medio. «Nella storia ciò non è mai avvenuto», scrive il banchiere-economista elvetico, semmai è vero il contrario: la pressione aumenta inducendo «un livello fiscale avverso alla crescita e unerosione della competitività», che porterebbe lEuropa a chiudersi sempre di più. La tasse non attirano gli imprenditori, li fanno fuggire, tanto più in una zona, quella delleuro, che, in occasione della crisi greca, ha mostrato gravi carenze strutturali.
LUnione europea avrebbe bisogno di chiarezza e di flessibilità, ma sta percorrendo la direzione opposta.
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