Strage di un romanzo (già letto). Romanzo di una strage, il film di Marco Tullio Giordana sulla bomba di Piazza Fontana, ha esordito nelle sale cinematografiche incassando, tra venerdì e sabato, una cifra modesta (circa 300mila euro, e al termine del weekend potrebbe arrivare a mezzo milione: poco rispetto alle previsioni). Certo, il botteghino langue da mesi, e questa settimana, complice il sole, il flop è stato generale, come raccontava ieri Michele Anselmi sul sito Dagospia: il kolossal hollywoodiano La furia dei Titani ha portato a casa 717mila euro, la commedia ridanciana dei fratelli Vanzina, Buona giornata, si è fermata a 529mila (toccherà forse il milione con i biglietti staccati ieri). Cè unaltra attenuante, ovvero la distribuzione in 250 copie, circa la metà rispetto al citato Buona giornata. La pellicola sullattentato alla Banca Nazionale dellAgricoltura di Milano, sulla morte di Pinelli e sullomicidio Calabresi avrebbe in teoria dovuto trarre beneficio dallampio spazio ottenuto su tutti i media. Non è andata così, soprattutto in provincia, dove Romanzo di una strage è passato inosservato, avendo realizzato la quasi totalità degli incassi nelle grandi città, Milano e Roma.
Dovè il problema? Perché lattenzione generale, speziata da un acceso dibattito pubblico, non si è tramutata in lunghe code davanti ai multisala? Dovremmo forse concludere che la storia recente non interessa agli italiani? Che cè il desiderio di rimuovere gli anni orribili delle bombe e poi del terrorismo? Che manca la voglia di capire cosa accadde a Piazza Fontana, a Pinelli e Calabresi? Certamente non è così. In realtà, siamo ancora vicini a quel periodo: provate a sollevare il discorso in una tavolata e vedrete la gente reagire nei modi più disparati. Piuttosto, può essere che sia venuto a noia un certo modo fazioso, anche se in assoluta buona fede, di raccontare quegli eventi. Cosa che accade anche in Romanzo di una strage, ove le campagne di odio di Lotta continua (e compagni intellettuali) sono presenti ma in dosi omeopatiche. Il doppio stato, il complottismo, la Cia, il terrorismo come reazione alla repressione, la meglio gioventù che lottava per un ideale giusto, anche quando usava i mezzi sbagliati. Da lì, non ci si schioda. La lettura ideologica prevale su quella storica e su quella giudiziaria. «Che palle la strage di Stato» ha sintetizzato in un mirabile articolo Giuliano Ferrara sul Foglio.
Passando dalle tragedie alle amenità, dal passato al presente, questa repulsione per chiavi di lettura che non aprono più alcuna porta è la stessa che potrebbe spiegare i tonfi di ormai ex divi dei palinsesti televisivi, da Serena Dandini a Sabina Guzzanti. LItalia è cambiata. Loro vivono in un eterno 1994, con affondi anti-capitalisti che spostano le lancette ancora più indietro. La carne da mettere al fuoco non mancherebbe: la democrazia italiana al pit-stop, il debito pubblico come vero motore della crisi, gli imprenditori e i precari uniti nella lotta contro le tasse etc. Niente da fare: agli spettatori, sempre più sparuti, tocca la predica sulle tv private che hanno spianato la strada al berlusconismo e sul mercato selvaggio che affama i bambini. Che palle, per dirla con Ferrara.
Forse, in campo cinematografico, cè anche un altro problema. Gli incassi sono in picchiata da mesi, anche negli Usa.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.