Piazza Fontana di Trevi, dalla Ekberg al «suk»

Virginia Polizzi

Due fidanzatini si tengono per mano e, trattenendo il respiro, lanciano nella fontana dietro alle loro spalle un soldo, la promessa del loro amore. Intanto alcune amiche giapponesi si staccano dalla fiumana del gruppo per una foto ricordo. Mentre un turista passeggia mangiando un gelato: un passo dietro l’altro. Facendo lo slalom tra la gente. Scavalcando un barbone. Rifiutando l’elemosina a un mendicante. Lanciando occhiatacce agli zingarelli. Sbirciando tra le bancarelle abusive degli extracomunitari. Poi, a un tratto, l’esclamazione: «Cavolo, piove!». No, è soltanto una secchiata d’acqua, proveniente da un balcone, lanciata da un residente esasperato di avere borsette e borsettine in mezzo ai piedi quando esce dal portone di casa. Insulti, parolacce, minacce. Per poi ricominciare... Benvenuti a piazza Fontana di Trevi. Uno degli angoli più belli di Roma. Dedicata a una fontana che ha emozionato il cinema. Che è nata, in un certo senso, ancora prima di Cristo, ai tempi dell’Imperatore Augusto. Per narrare ai posteri la leggenda dell’Acqua Vergine. Di quella fanciulla, cioè, che portò l’acqua a Roma indicando il luogo della sorgente ai soldati dell’Impero. «Altro che Dolce Vita. Qui, è ormai la corte dei miracoli. Un suk dove può succedere di tutto e dove ognuno viene e fa ciò che vuole. Vende mercanzie di ogni genere. Chiede l’elemosina usando bambini o disabili. Deprada ignari turisti. Improvvisa spettacolini». È la voce dei residenti e negozianti della piazza. Ormai stanchi di dover denunciare una situazione sempre più degradata. E anche pericolosa. Tanto che preferiscono rimanere nell’anonimato. Sanno bene cosa succede ogni giorno: chi sono i borseggiatori, i mendicanti e gli abusivi e come si muovono. Tutto accade sotto i loro occhi. Eppure non denunciano più. Perché temono per loro stessi e per i loro negozi. «Nel 1990 iniziai una campagna di sensibilizzazione - spiega il proprietario di una panetteria - qualche giorno dopo fui aggredito sotto casa. Da allora ho deciso di aspettare che sia qualcun altro a fare qualcosa». È una situazione che si trascina da anni, lamentano, ma che nell’ultimo periodo è diventata sempre più pesante. E le Istituzioni non fanno niente. «Ci vorrebbe un presidio fisso delle forze dell’ordine» consiglia la titolare della farmacia. E loro, le forze dell’ordine, sono d’accordo: «Non riusciamo a fare molto, siamo troppo pochi. Servono più uomini e più mezzi», ammette uno dei vigili in servizio.

Insomma, per la loro piazza, che poi è la piazza di tutti, i residenti chiedono solo un po’ più di controlli, di attenzione, di decoro. Una preghiera che arriva dal parroco in persona. Stanco di dover ricordare ai turisti che i gradini della sua chiesa - Ss. Vincenzo e Anastasio - sono la via di accesso per un luogo sacro e non una panchina per picnic.

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