Picchiato a morte, condannati i poliziotti

Picchiato a morte, condannati i poliziotti

Dopo 4 anni e 32 udienze, ieri, è arrivata la sentenza del processo per la morte il, 25 settembre 2005 a Ferrara, del diciottenne Federico Aldrovandi. Ci fu eccesso colposo dei 4 agenti intervenuti all’alba per calmarlo, nel centro della città emiliana. Il giudice ha condannato a tre anni e mezzo di pena Paolo Forlani, Luca Pollastri, Enzo Pontani e Monica Segatto.
Il caso Aldrovandi ha diviso l’opinione pubblica e anche ieri mattina un gruppo di anarchici ha distribuito volantini contro la polizia. Verso le 13 il giudice si è ritirato in camera di consiglio, alle 18.30 il pronunciamento. Alla lettura i genitori di Federico si abbracciano in lacrime, con il fratello minore Stefano.
«La condanna è più che chiara, assoluta - racconta Patrizia Moretti, 48 anni, impiegata comunale a Ferrara, la mamma di Federico che dal 2006 si è battuta tramite un blog - siamo molto contenti, è quanto chiedevamo». «Per il momento - aggiunge il marito Lino, 50 anni, vigile urbano - abbiamo avuto giustizia, io però avrei dato l’ergastolo, soprattutto spero che i 4 vengano licenziati dalla polizia. Chiedo anche rispetto e dignità: tutte le persone che hanno parlato male di Federico, comprese le forze dell’ordine, dovrebbero ricredersi, scusarsi. La vera giustizia sarebbe poter rivedere nostro figlio, ma questo purtroppo non si può avere».
Presenti in aula due dei quattro imputati, uno è in servizio al G8 dell’Aquila. Unico a parlare è Pontani: «Giustizia non è stata fatta. Io la notte dormo sonni tranquilli, qualcun altro non lo so».
Il processo però ha confermato che il loro intervento fu troppo violento. Dapprima usarono i manganelli, uno addirittura si ruppe, con Aldrovandi che era ancora in piedi, poi calci e pugni; successivamente salirono sul suo corpo, mentre era ammanettato, ignorando le sue richieste di aiuto. Le perizie non hanno saputo stabilire con certezza assoluta se il diciottenne sia morto per asfissia. Gli agenti si sono sempre proclamati innocenti, l’accusa parlava di decesso causato da arresto cardiocircolatorio per evento traumatico al cuore; la difesa di sindrome da eccitamento determinata da sostanze proibite, con scompenso di ossigeno al momento della colluttazione.
«La condanna è una conquista - sottolinea il fratello Stefano Aldrovandi, 18 anni -. Federico non ce lo ridà nessuno, questo è un passo, anche se minimo, di giustizia nei suoi confronti». La difesa presenterà appello. Riccardo Venturi, uno dei legali della famiglia, ripercorre l’iter.

«Non avrebbe dovuto essere così complesso, poteva essere molto più normale, non paradigma della lotta della società contro le istituzioni. L’esito non restituisce Federico al fratello e alla famiglia, si sta male anche dopo la sentenza».

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