Economia

Le piccole imprese mettono in banca la fiducia

Turismo e agricoltura i settori che devono aggiornarsi più rapidamente

Laura Verlicchi

da Milano

Le piccole imprese sono ancora il motore trainante dell’economia italiana? Una domanda a cui il secondo rapporto Unicredit Banca risponde positivamente, ma con qualche distinguo. Gli imprenditori che «ce la fanno», cioè, sono quelli che hanno saputo riqualificare l’offerta della propria azienda, attraverso investimenti mirati, resi possibili anche dall’aumentata disponibilità del credito bancario. È quello che il rapporto chiama il «partito della fiducia», che rappresenta complessivamente oltre la metà del campione, composto da quattromila aziende con un fatturato inferiore a 3 milioni: un mondo che rappresenta il 47% del Pil e oltre il 50% dell’occupazione nel Paese.
Tra questi imprenditori in controtendenza - il loro indice di fiducia è 110, mentre la media generale è passata da 93 del 2004 a 88 - troviamo i capi di aziende con più di 250mila euro di fatturato, soprattutto nei settori costruzioni e servizi alle imprese, ma anche gli imprenditori più giovani, quelli che hanno adottato strutture societarie più evolute (società di persone o di capitali) e intere aree del Paese, come il Centro Italia e il Sud. Tra loro e le banche la fiducia è reciproca e in costante aumento: l’indice della disponibilità di credito è infatti passato da 99 a 102.
A questo mondo di piccole imprese solide e in crescita si contrappone la ditta individuale, elemento più fragile della piccola imprenditoria italiana, che vede la crisi farsi sempre più acuta. Tra queste imprese, ferme sotto la soglia dei 250mila euro di fatturato, che soffrono maggiormente la congiuntura economica negativa, si registra infatti il calo più significativo dell’indice di fiducia, passato da 94 nel 2004 a 87 nel 2005.
Due settori in particolare lamentano scarsa attenzione alle loro difficoltà, pur avendo importanza strategica per l’economia italiana: turismo e agricoltura, che rappresentano insieme il 25% del Pil. Su di loro il rapporto ha acceso un faro, mettendo in luce come il primo sia «sistematicamente ferito dallo snobismo di chi paventa che l’Italia possa ridursi a diventare la Florida d’Europa - commenta Roberto Nicastro, amministratore delegato di Unicredit Banca - mentre il tema dell’agricoltura sembra tornare di moda solo a ridosso delle tornate elettorali».
Eppure, proprio questo è il settore che sta intraprendendo le evoluzioni più strutturali: da chi ha scelto la via della qualità (il caso dell’aceto balsamico), a chi ha lavorato con la distribuzione anticipando e influenzando i gusti dei consumatori, anche «tipicizzando» i prodotti o accorciando direttamente la filiera produttiva, attraverso esperienze come l’agriturismo. Tutte scelte dove la capacità dei territori di organizzarsi per «fare squadra», sottolinea il rapporto, è necessaria.

Quanto al turismo, la strada del successo è quella della riqualificazione e dell’arricchimento dell’offerta: il turista oggi guarda, oltre al «dove stare», anche al «cosa fare», e cerca vacanze di qualità sul piano ambientale, culturale e perché no edonistico.

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