J acques Vergès è un avvocato specializzato nel difendere gli indifendibili. Tra i suoi clienti annovera Carlos lo sciacallo, terrorista internazionale, spietato esecutore di attacchi filopastinesi fra il 1974 e il 1990. Ma anche il criminale nazista Kalus Barbie, noto come il Macellaio di Lione e lex dittatore serbo Slobodan Milosevic. Garantista di ferro, sostenitore dei diritti della difesa, Vergès ha pubblicato un libro sul «potere terribile del magistrato» e sulla necessità di vigilare su di esso. Ne Gli errori giudiziari (Liberilibri, pagg. XVI-160, euro 16, introduzione di Giuliano Ferrara, postfazione di Luigi Domenico Cerqua), Vergès racconta una serie di processi da cui emerge una casistica di errori giudiziari, dovuti al pregiudizio religioso o a quello di casta, ispirati dalle convenienze sociali o dalla falsa logica del dossier. Fino ad arrivare agli svarioni tecnici e di ragionamento della Corte stessa.
Non mancano capitoli dissacranti sul reale valore delle confessioni e delle testimonianze. E sulla ambigua attendibilità del responso degli esperti in tossicologia, medicina legale, balistica, psichiatria, grafologia. La conclusione è sorprendente: «Lerrore è umano, non sparirà mai. Ma è possibile fare in modo che divenga più raro». Per far questo, non è necessaria una rivoluzione giudiziaria: «Il rimedio esiste: sta nellapplicare la legge in tutte le sue fasi, dallinchiesta preliminare sino allappello in cassazione o al ricorso di revisione».
Per Vergès «il giudice deve tornare a essere il giudice imparziale che non avrebbe mai dovuto cessare di essere». Il suo ruolo non dovrebbe essere «dimostrare a qualsiasi prezzo la colpevolezza dellaccusato che gli viene presentato». Il procuratore deve «perseguire le violazioni alla legge penale» ma anche vigilare sulle misure adottate, ed eventualmente riformulare le accuse, esaminare se gli indizi siano sufficienti e così via. Questa «requisitoria» non è affatto un attacco alla magistratura nel suo insieme. Semmai ai giudici che sbagliano senza pagare il conto perché protetti «da uno spirito di corpo per nulla giustificato dallinteresse dellistituzione». Uno «spirito di corpo» così forte da considerare la riparazione dellerrore alla stregua di un attentato alla Giustizia stessa.
Vergès ha in mente il sistema giudiziario francese, ma nella postfazione Luigi Domenico Cerqua, presidente di sezione alla Corte di appello di Milano, proietta la casistica di Vergès sullattuale sistema processuale penale italiano. E insiste sulla regola di giudizio introdotta nel 2006 «volta a impedire la condanna dellinnocente: il giudice pronuncia sentenza di condanna se limputato risulta colpevole del reato contestato al di là di ogni ragionevole dubbio». Secondo Cerqua, la formula sarebbe sufficiente per limitare gli errori, a patto che i giudici sappiano sottrarsi «alle pressioni mediatiche, sempre più invadenti» e mantenere «animo sgombro da pregiudizi».
Il libro entra nel vivo del dibattito sulla giustizia italiana. È sufficiente pensare, come ricorda Ferrara nella prefazione, al ruolo chiave giocato dai testimoni nei casi giudiziari capaci di scatenare passioni civili e campagne stampa: il caso Sofri e il caso Berlusconi. Ma il discorso è pertinente anche per la cronaca nera. Cogne, Avetrana, Brembate hanno scatenato il circo televisivo e portato alla ribalta con prepotenza gli esperti (a volte sedicenti) e lanalisi dei reperti (mai decisiva).
Impressionante, fra i casi raccontati da Vergès, quello di Rida Daalouche. Nel 1991 un uomo viene sgozzato nei pressi di un bar di Marsiglia, i testimoni affermano in seguito a una lite per una donna. Qualche mese dopo viene arrestato Rida Daalouche, denunciato da un cugino della vittima. Ora la rissa è imputata a questioni di droga, Rida è tossicodipendente. Linchiesta prosegue, accumulando deposizioni di testimoni in vero poco sicuri dellaccaduto. In un interrogatorio, Rida, in perfetta buona fede, a causa degli stupefacenti, si mette nei guai da solo. Il fatto che non sappia fornire un alibi convincente causa la sua stessa condanna. Nel 1995 un parente, frugando tra le carte in casa, trova un certificato dospedalizzazione che scagiona completamente Rida. Nel 1998 la condanna è cancellata. Nel 2000 viene rifiutata la riparazione finanziaria allimputato con questa motivazione: non è riuscito a dimostrare la sua innocenza. Il dossier accusatorio aveva una logica interna che permetteva di determinarne la colpevolezza.
Questa logica del dossier, che mette insieme eventi verosimili e testimonianze a suffragio dellaccusa, ricorda tanto alcuni processi celebrati dai media in assenza di riscontri con la realtà. O no?
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