Lultimo esempio di archeologia industriale, il complesso delle ex fonderie di ghisa dell'Ansaldo a Multedo, sopravvissuto faticosamente, mentre col passare degli anni venivano inesorabilmente dismessi tutti gli edifici della Genova industriale che fu, sta per essere demolito. A ottobre, la società proprietaria dell'area, Panorama Spa, ha presentato un progetto di riconversione, con allegata una relazione in cui si evidenziano i problemi di resistenza della parte strutturale e i rischi di stabilità dell'edificio.
L'azienda ha intenzione di procedere nella totale demolizione garantendo la conservazione solo della facciata storica che si affaccia su via Multedo. La Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Liguria ha dato il suo assenso, seppur parzialmente. È necessario infatti il parere della Direzione Regionale per i Beni culturali e Paesaggistici, che ha chiesto un approfondimento in merito.
L'associazione Italia Nostra e l'Aipai (Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale) si schierano a difesa del complesso e denunciano a gran voce il rischio della sua imminente distruzione.
Parliamo di un edificio che riveste grande interesse, sia dal punto di vista architettonico, per la struttura dei capanni in cemento armato e per la veste architettonica, progettata da Adolfo Ravinetti, sia per il suo valore storico. Costruito nel 1917 nel momento di massima espansione dell'Ansaldo, costituisce una delle ultime testimonianze di quella che era una delle maggiori industrie cittadine. Un'area, quella delle ex fonderie, salvaguardata dal Puc con una variante del 2009 perché dichiarata sito d'interesse per l'archeologia industriale, dopo lunghe battaglie dell'Aipai, anche in commissione urbanistica del Comune, e vincolata, sempre nel 2009, dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici.
C'è una storia che si snoda per decenni e numerosi contenziosi, dietro a queste ultime vicende.
Una storia che inizia negli anni '90 quando Panorama Spa acquista l'area con l'intenzione di realizzare un grande centro commerciale. Ma il Puc, nell'area delle ex fonderie, vietava la destinazione d'uso commerciale. Nel 2005 l'azienda vince il ricorso al Tar contro il divieto. In quell'anno viene discussa in commissione urbanistica del Comune, una variante al Puc che dà seguito a quanto disposto dai magistrati e rende possibile realizzare il centro per la grande distribuzione, non di generi alimentari.
«Nel 2005 ci siamo mossi per ottenere un vincolo che però non ci è stato concesso - spiega l'Aipai - Abbiamo coinvolto Italia Nostra e finalmente nel 2009 siamo riusciti a ottenere il vincolo della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici. Ma purtroppo il vincolo presenta un vizio di forma: è stato infatti realizzato per un edificio pubblico quando invece si tratta di una proprietà privata e Panorama spa ha vinto il ricorso al Tar contro il vincolo».
L'intenzione della società è quella di ricostruire l'edificio con la stessa fisionomia esterna e uguale volumetria. Ma è un'operazione di facciata perché all'interno il progetto prevede la realizzazione di un parcheggio rialzato. La spazialità interna verrà stravolta e verranno annientate tutte le testimonianze della produzione industriale di un tempo. «Demolire completamente gli edifici per poi ricostruire il loro simulacro, è questo il modello? - si domanda l'Aipai - Stravolgere la spazialità interna del complesso vuol dire salvaguardarlo? Questo modello culturale, quello per intenderci applicato alla Fiumara, è un modello che va esattamente nella direzione contraria».
E Genova, per quanto riguarda l'archeologia industriale, ha già una sua personale ecatombe: lo stabilimento Taylor e Prandi (nato nel 1846 e rilevato dall'Ansaldo nel 1852), uno dei primi edifici industriali cittadini, nel 1998 è stato completamente raso al suolo; nel 2005 è stata la volta dell'oleificio Gaslini, e ancora oggi, nell'area, non si è ricostruito.
«È uno scandalo che venga abbattuto questo edificio, all'estero strutture simili vengono conservate e riutilizzate, ma non distrutte - ribadisce l'Aipai - Ad esempio a Londra, l'ex centrale elettrica di Bankside è diventata, grazie a un riuscito progetto di recupero, il museo Tate Modern.
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