È lo chef numero uno in Italia e nellultima classifica di The World 50 Best Restaurant 2007 è al dodicesimo posto secondo il voto di una giuria internazionale di 600 esperti e professionisti del settore. Il critico gastronomico di Le Figaro, François Simon, lo ha reso protagonista del suo romanzo. Eppure il romano Fulvio Pierangelini ha deciso di «miracol mostrare» a San Vincenzo, in provincia di Livorno, dove gestisce dal 1980 il «Gambero Rosso». Ma con lui stavolta parliamo (anche) di cucina romana.
Lei è un romano che lavora e vive in Toscana. Ma della cucina romana cosa resta al Gambero Rosso?
«Linfanzia, i profumi, le emozioni, i ricordi di mia madre Anna che mi preparava i carciofi».
Se le chiedono una Amatriciana, lei cosa porta in tavola?
«LAmatriciana più buona della loro vita».
Quali sono i piatti più romani del Gambero Rosso?
«Mi vengono in mente i ravioli di trippa e la zuppetta di burrata con ravioli di aringa».
Cosa significa cucinare?
«Per me è una necessità intrinseca. Mi piace la materia prima che cambia, si trasforma e vedere come si modella un piccione nella padella fino a diventare un piatto perfetto».
Lei è ricercatissimo e superimpegnato. Questa vita frenetica come influenza la sua cucina?
«La mattina non ho nessuna ansia da stress e non mi prendo tanto sul serio».
Alla Gourmet Arena di Merano ha detto che non avrebbe cucinato, poi eccola con lepre e castagne e perfino con una grigliata di bufala improvvisata per tutti. Le piace sorprendere!
«Mi è venuto così, non ci ho pensato, ero tra amici. Allinizio non volevo progettare niente, chissà cosa ne sarebbe venuto fuori».
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