Del Piero: «Francia favorita, è meno stressata»

«Su di me la critica distorce la realtà. Il ko agli Europei? Non fu colpa mia. Io pungolo Totti? È lui che ha preso il mio posto. Capello al Real non mi ha proprio sorpreso»

(...) Si è scritto persino che non ho raggiunto un pallone di Gattuso, che sono mezzo giocatore. Basta così. Il dolore, per una sconfitta, lascia il segno più della gioia e per fortuna la prossima sfida è un’altra storia, una nuova battaglia» è la sua rivolta nei confronti di giudizi feroci e di ricordi crudeli. «La mia figura, la mia milizia nella Juve sono fonte di ostilità» sottolinea e forse non è lontano dall’indirizzo giusto.
Achille Del Piero detto Alex («a proposito, come finì la guerra di Troia?» chiede divertito ai cronisti) è pronto a rendere omaggio alla Francia, «sono loro i favoriti, hanno meno stress», e al suo Ettore, Zinedine Zidane, «la mia stima va al di là del magnifico torneo fatto, è il giocatore numero uno al mondo, gli chiederò la maglia». Senza cedimenti, però. Neanche dinanzi alla suggestione di un mega-derby mondiale con tutti gli altri esponenti del nobile casato bianconero caduto in disgrazia. «La prima cosa che mi viene in mente è cosa ci siamo mangiati in Champions league, del resto mi occuperò da lunedì» è la sua riflessione amarognola. Eppure proprio lui, Achille Del Piero e Trezeguet sull’altro fronte, sono destinati alla panchina, all’ennesima esclusione. «C’è qualcosa di singolare, perché entrambi abbiamo fatto grandi cose nella Juve. Io sono legato a tutte le squadre del mio periodo, la prima con Zidane e l’ultima, siamo al top dei top» riflette prima di riavvolgere il nastro della semifinale. «Non è facile entrare per 20 minuti, correre, dare un mano, fare gol, in quella stessa porta, in quello stesso angolo, giocare in un ruolo diverso. Sono pronto a qualunque evento. E non lo dico per egoismo, lo dico perché se sono più utile a me stesso, sono più utile anche alla squadra. In una finale giocherei ovunque, questo è scontato. Vorrei avere un po’ più di tempo per dimostrare il mio valore, giocare una finale mondiale è uno dei sogni da bambino» scolpisce così la sua tortura, facendola diventare una specie di passione, esibita in pubblico con pudore. E anche con rispetto. Come raccontano le parole di Noel Gallagher, il suo amico degli Oasis, che canta di come uscire da strade tortuose, «è più bello, io mi riconosco» spiega didascalico Alex, l’uomo venuto da molto lontano, a inseguire un trionfo che ancora manca alla sua bacheca azzurra.
«Più che l’ultima occasione, il capolinea per la mia generazione, Berlino è una grandissima occasione, anche se il tempo passa velocemente quando hai fatto il militare» gli riescono risposte da vecchio saggio, all’età in cui i ragazzi inseguono ancora un buon lavoro e un mutuo per la prima casa. Achille Del Piero detto Alex è tornato sulla partita del misfatto e forse ha maturato il convincimento di lasciare l’azzurro, dopo Berlino. Senza promulgarlo, come un editto, come ha fatto Totti. «Vedremo» prende tempo segnalando che la Francia è sempre la favorita e che la pressione sul fronte di Duisburg («i tifosi sono stati accolti bene l’altra notte quando non ci hanno lasciato dormire» la battuta) è una benzina per il motore.
Prima di chiudere con due frecciate sui due argomenti che sono i tormentoni dell’estate tedesca, Totti e Capello. Al primo riserva una risposta franca e garbata. «Io pungolo di Francesco? No, è lui che è entrato al posto mio in questo mondiale...» fa sapere Del Piero.

Che al grande mercenario di Pieris, scappato da Torino nelle braccia del Real, a Madrid, riserva invece una chiosa algida. «Non l’ho sentito in questi giorni e il suo gesto non mi ha sorpreso per niente». Quasi una lapide.

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