Pierre Bayland, il Clown

Il naso rosso dei clown non l’ha inventato lui. Ma è stato il primo a usarlo a teatro: «È la maschera più piccola al mondo, semplice e molto pratica: la togli, la nascondi dove vuoi, la rimetti quando ti serve». Lui si chiama Pierre Byland, ed è l’allievo principe di monsieur Jacques Lecoq, tra i più grandi interpreti della commedia dell’arte. Al teatro Olmetto, fino al 5 aprile, Byland porterà in scena Homo stupidens, un omaggio all’antieroe per eccellenza. E cioè il clown, che però non è quello del circo. «È qualcosa in più: l’espressione di quanto di ridicolo ci sia nell’uomo - dice il protagonista -. Sempre naïve, tutt’altro che integrato nella società, il clown è inopportuno per antonomasia, la figura che disturba l’ordine delle cose perché arriva troppo tardi o troppo presto». Uno stupido; dopotutto, lo dice anche il titolo. Ma il latino, si sa, spesso rivela il senso autentico delle parole. «Stupidus significa stupefatto», precisa Byland, che dello spettacolo è anche regista. «Il senso attuale e spregiativo si afferma nel Seicento, ma a me interessa quello originario per affermare il diritto a non capire le cose e, scoprendole, a rimanerne stupefatti.

Il diritto che è tipico di ogni bambino, e che dopo le scuole si tende a rinnegare». Nello show, Byland e la sua partner artistica Mareike Schnikter mettono a nudo le goffaggini, i tic e le manie dell’uomo nella vita di tutti i giorni. Un sano esercizio di satira sociale.

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