Roma LAssociazione nazionale magistrati scende in campo contro le «inaccettabili» dichiarazioni di Silvio Berlusconi, che accusa di cospirare contro di lui i pm di Milano e Palermo impegnati nelle indagini contro le stragi di mafia dei primi anni 90.
Esprimendo «indignazione» per le frasi del premier, il sindacato delle toghe afferma che la lotta a Cosa nostra «non può tollerare infondate operazioni di delegittimazione dei magistrati e delle forze dellordine, esposti in prima linea nellazione di contrasto alla criminalità mafiosa».
Toni duri. E ad amplificare la polemica ci sono anche i commenti delle opposizioni, con il Pd in testa a chiedere al ministro della Giustizia Angelino Alfano di riferire in Parlamento sullaccaduto, come dice Donatella Ferranti. La replica arriva dal sottosegretario alla Presidenza, Paolo Bonaiuti, che esprime «meraviglia di fronte allo stupore generale» per le dichiarazioni di Berlusconi sulle indagini di Palermo e Milano: «Si è limitato a riferire quanto è apparso più volte nei giorni scorsi su più quotidiani, senza che mai seguisse una smentita».
Il documento della Giunta esecutiva centrale dellAnm esprime solidarietà ai magistrati che vogliono «fare piena luce, e con ogni mezzo, su vicende gravissime che presentano aspetti ancora oscuri». Come definirli «folli» e accusarli di «sprecare i soldi dei contribuenti» quando lavorano nell«interesse di tutti»?
Per lopposizione prosegue «la strategia del governo di attacco e intimidazione dei magistrati». E il segretario Pd Dario Franceschini dichiara di condividere le proteste dellAnm, mentre Massimo DAlema accusa il premier di creare continui conflitti. Il leader dellIdv, Antonio Di Pietro, difende i suoi ex colleghi in toga e Rosy Bindi del Pd solidarizza con i magistrati antimafia «offesi» da Berlusconi. Il problema, per Pierluigi Bersani, è che mentre il premier attacca le Procure «il Paese reale ha un sacco di problemi concreti e reali» che non vengono affrontati. Attacca Berlusconi anche Gerardo DAmbrosio, senatore Pd ex toga di punta negli anni di Tangentopoli. «Si pretende che la magistratura rimanga inerte di fronte a fatti gravissimi rimasti misteriosi?», chiede. E ricorda che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino esprimevano i loro sospetti circa i legami tra mafia e politica, sui quali ancora non era possibile indagare. Che entrambi furono trucidati nel 1992, ben prima della discesa in politica del Cavaliere, DAmbrosio non lo precisa. «Con quale faccia parla di principio di legalità - replica Giancarlo Lehner del Pdl -, lui che interferì pesantemente sulle indagini inerenti le tangenti rosse?».
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