Di Pietro, Berlusconi, il tumore E la malattia non è più un tabù

Non ha senso non fare i conti con lei. Tanto sta lì, ti guarda in faccia, ti ricorda che anche se non porti l’orologio il tempo passa e la pelle invecchia. È davvero inutile far finta di nulla. In fondo lo diceva anche un certo Machiavelli: quello che non ti ammazza poi ti rende più forte. La malattia non è più un tabù. Neppure per i politici, che un tempo nascondevano fragilità e debolezze. Qualcuno per orgoglio, qualcun altro magari per pudore o solo per paura. E questo outing sembra quasi una livella, rende tutti un po’ più umani. Anche i nemici. Tutto questo fa perfino tenerezza ed è bello per una volta pensare che non sia solo tattica, marketing, un mettersi a nudo acchiappavoti.
Antonio Di Pietro per fortuna è arrivato in tempo. Quando ha fatto l’ecografia e il suo amico dottore ha detto «bisogna toglierlo subito» ha capito che quel male alla prostata era un nuovo nemico. E Tonino ha parlato. «La verità è che la prostata è ancora un tabù. È collegata alla virilità. Ma ho già provato. È tutto a posto». Di Pietro come il Cavaliere, divisi da tutto, uniti dallo stesso male. Queste cose ti fanno pensare e c’è perfino il tempo per un attimo di tregua: «Con la malattia non si scherza. È stato bravo a uscirne fuori completamente. Mi congratulo con lui per la sua buona sorte, per i suoi medici e per la sua tenuta».
Il Cavaliere quel cancro non lo ha nascosto. Qualche volta lo sfida, altre lo sopporta, come uno di quei compagni di viaggio fastidiosi, che speri scendano alla prossima stazione, senza fare danni. Lui lo guarda in faccia e sorride, dicendo che è giovane, si sente addosso non più di 35 anni e alla fine vincerà. Qualcuno dice che questo ottimismo spesso funziona. Malania Rizzoli racconta un po’ di storie di questo tipo in Se lo riconosci lo eviti (Rizzoli). Francesco Cossiga quel tumore al colon-retto lo ha scovato con la testardaggine dei sardi. Tutti dicevano che stava bene, lui diceva no: cercate. C’era. «Sono diventato più prepotente, però posso dirvi una cosa... se non c’è riuscito il cancro ad ammazzarmi, non mi ammazza più nessuno».
Anna Paola Concia, leader degli omosessuali pugliesi, è entrata in Parlamento con il Pd. Ma a 40 anni, prima di diventare onorevole, ha dovuto fare i conti con una tiroide pazza, che lavorava troppo e la faceva dimagrire. Il cancro era lì. Con questa storia ci convive: «Ma io non ho ancora superato il trauma. Giro sempre come una matta e cerco di prendere il tempo in contropiede». La rinascita è faticosa e te la porti dentro.
Bossi, lo sapete, un giorno si è ritrovato sulle soglie dell’aldilà. È come se tutte le lampadine si fossero fulminate all’improvviso. È tornato portando i segni sul volto, sulla voce, sulle mani. E soprattutto nell’anima. Ci ha messo tempo, poi è tornato a tirare il Carroccio, urlando al vento della Padania e al dio Po, solo nello sguardo c’è qualcosa di diverso, una tenerezza bonaria, una sorta di empatia con la malasorte. La malattia è una testimonianza. Franklin Delano Roosevelt la sbandierò ai suoi elettori e quella carrozzella con le gambe paralizzate è una foto da ricordare nell’album della guerra mondiale. Non vide la bomba sul Giappone, ma su quella sedia firmò qualche trattato di pace. Tutti sapevano dell’epilessia di Cesare, ma non fu il male degli dei ad ammazzarlo. Bastarono tredici umanissime coltellate, sotto la statua di Pompeo.
Raccontano che la Cia ha una squadra di medici che fa il check up ai potenti della terra. Qualche tempo fa sono stati resi pubblici i primi documenti di questo lavoro. Roba vecchia di 30 anni. Sono le diagnosi a distanza dei very important patients. Gli americani hanno monitorato la salute di Breznev, smontando anche l’ipotesi di un ictus. Era semplice borsite. Hanno scoperto nel ’71 che il francese George Pompidou stava ingrassando troppo e aveva la tipica faccia gonfia di chi tira avanti a cortisone. Ora fanno i conti con il Parkinson, il cancro e la peritonite di Fidel Castro e si interrogano sulla salute di Bin Laden o di Chavez.
La malattia, quando arriva, accelera la vita. Quasi ti dà coraggio. Rischi. Fai. Non perdoni i tempi morti. Non fai sconti a chi ti rompe le scatole. La malattia cambia il tempo della politica. È la variabile che spariglia i giochi.

I tempi della politica sono spesso lungi. La malattia li accelera. Vince la massima di Isaac Asimov. Eccola: «Se il dottore mi dicesse che ho non più di sei minuti di vita, non brontolerei. Solo batterei a macchina più velocemente».

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