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Di Pietro invoca la sfiducia al premier ma nessuno lo segue

Il Pd si defila e presenta una sua mozione per abolire il lodo Alfano. L’Udc snobba tutti: "Così si rafforza il governo"

Di Pietro invoca la sfiducia al premier ma nessuno lo segue

Roma - «Firmiamo, ma è un bicchiere d’acqua fresca», maramaldeggia Antonio Di Pietro. «Con un’opposizione così è un’assicurazione sulla vita per Berlusconi e il suo governo», si duole Pier Ferdinando Casini. «Iniziative che rafforzano solo il governo», condanna il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero.
La guerra delle mozioni ieri è finita così: Di Pietro ha dovuto rinunciare alla richiesta di sfiducia (senza le firme del Pd non aveva i numeri per presentarla), ma ha depositato una richiesta di dimissioni del premier. Il Pd, dopo averlo accusato di voler fare «un favore» a Berlusconi, visto che la sfiducia sarebbe stata matematicamente respinta dal Parlamento, ha comunque presentato un proprio documento in cui si chiede al premier di abrogare il lodo Alfano e di procedere subito alle riforme, incluso il taglio del numero dei parlamentari, bocciato come «acqua fresca» dall’Italia dei Valori.

Nessuno dei due documenti, in ogni caso, tira in ballo il «caso Noemi»: «Qui parliamo di atti parlamentari. Non abbiamo mai fatto un discorso su vicende personali. Chi ha responsabilità politiche ha il dovere della trasparenza e di dire la verità», spiega Dario Franceschini. Mentre l’Udc arriccia il naso, e non si aggrega né all’uno né all’altro.

Tre giorni di intenso dibattito e di accuse e controaccuse nelle opposizioni per produrre documenti che per ora sono destinati solo a restare nei cassetti di Montecitorio: tra oggi e domani infatti le Camere chiudono e se ne riparlerà - nel caso se ne riparli - dopo le elezioni europee. Quando è possibile che tutti abbiano altro a cui pensare.

Di Pietro ha comunque ottenuto quello che voleva: «È alla ricerca di un palcoscenico», lo accusa Massimo D’Alema, e comunque se lo è preso sfidando il Pd ad «avere il coraggio» di presentare con lui una mozione di sfiducia. «Il suo unico obiettivo è rompere le scatole a noi, e il problema è che ci riesce pure: per parare i suoi colpi, abbiamo finito per presentare una mozione che non sortirà alcun effetto», si lamenta un esponente del partito di Franceschini. Lo stesso quotidiano Europa, vicino al Pd, ieri si domandava: «Ha senso la ritrosia sulla mozione di sfiducia? Sarebbe meglio a questo punto per il Pd occupare tutto il campo dell’opposizione dura, intransigente». Ma il capogruppo Antonello Soro difende la linea del Pd: «È Di Pietro che ha sbagliato e ha dovuto fare retromarcia: non si era nemmeno reso conto che non aveva il numero di parlamentari necessario per chiedere la sfiducia. Ora gli tocca firmare la nostra». Di Pietro però continua ad attaccare: «Il Pd e l’Udc hanno dato forfait: un copione già visto. Ma a noi l’opposizione del giorno dopo non interessa».

Il «nostro avversario», ricorda però Franceschini, «è Berlusconi, non i partiti che stanno all’opposizione con noi».

E il segretario Pd torna a lanciare l’appello (già respinto al mittente dai suoi interlocutori) a un gioco di squadra: «Con Udc e Idv è indispensabile lavorare insieme piuttosto che gareggiare tra di noi per qualche voto in più».

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