da Roma
Per tutta la campagna elettorale Walter Veltroni e Antonio Di Pietro non si sono mai sentiti. E ora il negoziato sul gruppo unico fra Pd e Italia dei Valori procede a rilento. Anzi, è quasi fermo. E lipotesi che si possa realizzare svanisce con il tempo.
Al punto che il ministro delle Infrastrutture convoca per oggi un esecutivo nazionale e una conferenza stampa prima di aver discusso a quattrocchi con Veltroni i dettagli del gruppo unico. Il pessimismo si respira in casa dellIdv. «Abbiamo chiesto un incontro al Pd - rivela Leoluca Orlando -. La prossima settimana Donadi e io vedremo Veltroni e Franceschini. Poi Di Pietro incontrerà il leader del Pd».
Al momento sono più le probabilità che i due gruppi restino separati, che quelle che facciano un gruppo unico. Gli uomini del loft vorrebbero farlo in tempi rapidi. Antonello Soro, al termine di un incontro con Donadi (capogruppo dellIdv alla Camera), osserva: «LItalia dei Valori ha assunto con noi limpegno a promuovere un gruppo unico. E noi confermiamo la nostra disponibilità». Con un particolare. Le condizioni poste dal Pd non sono condivise dallIdv.
Per gli uomini di Veltroni i 43 parlamentari di Di Pietro devono confluire nel gruppo parlamentare del Partito democratico. Ma devono farlo «senza insegne». Cioè, devono portare acqua al Pd. Condizione piuttosto difficile da digerire per lIdv. «Non possiamo accettare di scomparire», sottolinea Donadi. «Noi abbiamo portato 700mila voti aggiuntivi, il Pd 100mila», sottolinea Leoluca Orlando. E a microfoni spenti gli uomini vicini allex pm ricordano come Veltroni non abbia mai citato lItalia dei Valori nei suoi comizi di campagna elettorale.
Anche per queste ragioni, dalle parti del ministro delle Infrastrutture le idee sono un bel po diverse da quelle del Pd. E pongono condizioni.
La prima: il gruppo si deve chiamare Partito democratico-Italia dei Valori. Il secondo: chiedono che uno dei due capigruppo (di Camera e Senato) appartenga allIdv. Il terzo: nellipotetico governo ombra di Veltroni deve avere un ruolo anche Di Pietro.
Orlando dice chiaro e tondo che «non accettiamo diktat». Ed aggiunge che se non avranno uno dei due capigruppo «ci impuntiamo e finisce come la storia di Di Pietro a ministro della Giustizia». Polemica che ha animato parte della campagna elettorale, dopo il «no» del Pd a unipotesi del genere in caso di vittoria.
E ricordano che lipotesi del gruppo unico nasceva in caso di vittoria elettorale. Ora, invece, che sono allopposizione «potrebbe anche essere utile - come sottolinea Donadi - nella conferenza dei capigruppo, nellufficio di presidenza e nelle altre articolazioni della Camera, avere due gruppi».
Diverse le motivazioni del Pd che spingono ad accelerare i tempi della creazione del gruppo unico. Dalle parti del loft, temono che se non «imbrigliano» Di Pietro, questi possa conservare autonomia al momento del voto. Per esempio, quando il governo Berlusconi proporrà investimenti in infrastrutture, è probabile che latteggiamento dellex pm sia diverso da quello che vorrà adottare il gruppo del Pd.
Comportamento che - in parte - anticipa lo stesso Di Pietro nel suo blog. «Noi non faremo unopposizione preconcetta, quella per cui bisogna dire no anche quando qualcosa di buono viene fatto.
Ed aggiunge: «Mai come in questo momento è necessario che lIdv, con la sua identità e i suoi parlamentari sia vigile e attenta in Parlamento per evitare altre leggi ad personam».
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