La pillola dell’aborto facile adesso è a portata di mano

RomaLa RU486, la pillola della discordia, arriva in Italia. Un migliaio di confezioni aspettano di essere distribuite in un magazzino alle porte di Milano. Si parte oggi. Quando arriveranno i primi ordini agli uffici commerciali, la Nordic Pharma di Milano affiderà alla Dhl il trasporto verso gli ospedali che ne faranno richiesta.
Il farmaco che provoca l’aborto rappresenta un’alternativa all’interruzione di gravidanza chirurgica e la sua commercializzazione in Italia è stata preceduta dal più lungo e controverso dibattito che abbia mai riguardato un medicinale. Dalla scoperta alla commercializzazione della pillola contraccettiva in Italia, ad esempio, passarono circa dieci anni. Per la RU486 ce ne sono voluti più di venti. Il confronto sulla pillola abortiva ha visto protagonista il governo, contrario ad una distribuzione e somministrazione «facile» del medicinale, che in molti Paesi Ue viene venduto in farmacia. Ma il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, e il sottosegretario Eugenia Roccella, hanno posto rigidi paletti nel rispetto della legge 194 che regolamenta l’interruzione volontaria di gravidanza (ivg): l’aborto può avvenire soltanto all’interno di una struttura sanitaria pubblica. E dato che la RU486 provoca un aborto a tutti gli effetti, il governo ha imposto che la somministrazione avvenga soltanto in regime di ricovero in ospedale. Non solo: la paziente dovrà restare ricoverata fino ad aborto avvenuto. Ed è proprio su questo punto che si è aperta la più dura controversia tra maggioranza ed opposizione. La pillola va presa al massimo entro la settima settimana di gestazione. Il principio attivo della pillola, il Mifepristone, blocca il progesterone provocando così il distacco dell’embrione dalle pareti dell’utero. Dopo tre giorni occorre prendere la prostaglandina, che provoca le contrazioni e dunque l’espulsione dell’embrione. Questo significa che le donne dovrebbero restare ricoverate fino ad espulsione avvenuta, quindi almeno tre giorni. Una modalità che presenta problemi di carattere pratico, perché nessuno può essere obbligato ad un ricovero contro la propria volontà, ed anche economico, perché i costi dell’ivg con pillola triplicherebbero rispetto a quelli di un intervento. Che cosa faranno le Regioni cui spetta la gestione del bilancio sanitario? Dopo la schiacciante vittoria del centrodestra non c’è dubbio: la maggioranza seguirà le indicazioni del governo, rafforzate oltretutto da un parere del Consiglio superiore di sanità che ha chiesto il rispetto della 194. In Lombardia Roberto Formigoni aveva già indicato nel novembre scorso la scelta del Pirellone: ricovero fino al compimento dell’interruzione di gravidanza. Proprio ieri tutti i reparti di ginecologia ed ostetricia lombardi hanno ribadito che intendono mantenere «un rispetto assoluto delle disposizioni che prevedono il ricovero ordinario per tre giorni». Ovviamente resta fermo il diritto della donna ricoverata di firmare ed uscire quando vuole dall’ospedale. Sulla stessa linea Renata Polverini, neogovernatrice del Lazio, che si era già espressa per il ricovero ordinario. Roberto Cota, vincitore in Piemonte, si spinge più in là, dicendosi pronto a fare quanto in suo potere per lasciare la pillola in magazzino non inserendola nel prontuario regionale.

Ed è proprio questo l’auspicio della Roccella: «I presidenti delle Regioni possono rallentare o addirittura impedire che il farmaco arrivi negli ospedali». L’Agenzia del farmaco, però, non è d’accordo. E a Rota e alla Roccella replica così: «Le Regioni hanno un largo margine di autonomia per stabilire tempi e modalità, ma la pillola dev’essere erogata».

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