E ora che non c’è più Silvio al governo, di che si parla in televisione? Come ci si posiziona e riposiziona? Sicuramente sono messi peggio quelli che con Berlusconi hanno vissuto di rendita, a cominciare dai comici, colti di sorpresa e costretti a regredire allo spirito di patate scolastico, in attesa di rifarsi un repertorio, cioè di rimettersi a lavorare. Gli ascolti ancora reggono ma chissà per quanto ancora, al momento (a parte il grande, ma per poche puntate Fiorello) il massimo che riesce a inventarsi Crozza è una divertente imitazione di Monti in versione robot. La Littizzetto invece in versione sotto tono prende in giro il Ministro Giarda per le orecchie da Star Trek.
Ma anche tra i politici ospiti fissi degli studi televisivi grande spaesamento e mestizia, è finita la cuccagna dei berlusconiani da una parte e degli antiberlusconiani dall’altra, passo indietro sì, passo indietro no. E adesso non è che ci si possa insultare più di tanto, tutti appoggiano il governo tecnico e nessuno sa ancora bene cosa appoggia e nei talk show si respira un’aria da restaurazione democristiana. Nel ricambio generazionale al contrario il nuovo è il vecchio, meglio se originale, e quindi domenica scorsa a In onda contro La Russa c’era Ciriaco De Mita in carne e ossa, mica Casini. Si potrebbe far rottamare Renzi da Giulio Andreotti.
In ogni caso, vita dura per i conduttori, che devono far finta di capire di cosa parlano, da Brachino a Vinci in ogni discorso ricorrono parole come spread, differenziale tra Btp e Bund, rating, termini di rendimento, poteri forti. Ma il lavoro è lavoro e quindi si lancia a parlare di riforme fiscali perfino Susanna Schimperna a L’Italia sul 2, confondendo il Ministero delle Finanze con il Ministero dell’Interno ma tanto nessuno se ne accorge, dove d’altra parte una preoccupata Lorena Bianchetti si è domandata seria seria: «Ma possibile non si trovi il mondo di andare a prenderli, questi soldi, da qualche parte?».
Qua e là, per fortuna, ogni tanto salta fuori Oscar Giannino che spiega l’economia meglio di Tremonti, oppure addirittura si incazza e se ne va, cosa che fino a un mese fa era esclusiva della Mussolini o della Santanché, o di Vittorio Sgarbi, che però faceva finta e tornava. Non so proprio come se la caverà il Servizio Pubblico di Michele Santoro in onda dove capita e in streaming: già la prima volta che l’ho visto, senza la Rai, senza contraddittorio, mi sembrava una copia pirata napoletana di Annozero, adesso senza Berlusconi e con Marco Travaglio che parla da solo è una televendita immobiliare di pompe funebri per cassaintegrati di Termini Imerese.
Enrico Mentana casca sempre in piedi e in piedi inizia ogni sera con un editoriale ormai più lungo del telegiornale: Berlusconi o Monti cambia poco, basta che vada giù la borsa, un governo, una città, basta ci sia un’emergenza e lui è bravissimo. Bruno Vespa era prodiano con Prodi, berlusconiano con Berlusconi e a vederlo sembra già montiano da sempre, ma il suo ruolo è insidiato dal baldanzoso Giovanni Floris, già definito dall’Espresso «il Bruno Vespa del Governo Monti».
Invece il più imperturbabile è Gad Lerner, perfino con la puntata dedicata al governo Monti ha avuto un milione e quattrocentonovantamila spettatori, ma solo perché si sono addormentati.
Io non mi accorgerei mai neppure se trasmettessero la stessa puntata spacciandomela per nuova, L'infedele è una trasmissione geniale perché di qualsiasi cosa si parli sembra sempre lo stesso convegno accademico su precariato islamico, onanismo clitorideo neofemminista e disagio giovanile tra ferrovieri superstiti della Shoah.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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