Cultura e Spettacoli

Pingitore: "Senza Lionello il Bagaglino finirà"

L’autore e sodale del comico scomparso: "Avevamo un rapporto telepatico, ci bastava uno sguardo. Non riesco a immaginare il nostro spettacolo senza di lui. Era molto malato ma continuava a lavorare, stoicamente"

Pingitore: "Senza Lionello il Bagaglino finirà"

Roma - «Non riesco a credere che Oreste non ci sia più. Non ci riesco», dice sconsolato Ninni Pingitore, mentre accende la tivù per vedere un ritratto dell’amico scomparso. Di colpo sul piccolo schermo, con un berretto da bambino e il pon-pon rosso che ondeggia sul viso incredibilmente familiare, si materializza Lionello in versione scolaretto, una filastrocca surreale gli esce dalle labbra e c’è qualcosa di grottesco e di umano in quell’evocazione da pomeriggio in famiglia. «Sono sconvolto. Sento un grande vuoto dentro di me e tra un po’ mi arriva una troupe televisiva», spiega a ciglio asciutto il povero Ninni, che fino a un paio di giorni fa ha assistito in clinica il sodale di palco e di vita. A casa del regista, nella borghese e «nera» piazza Vescovio, il giornalista e autore di cinema, tivù e teatro, che nel 1965 fondò la Compagnia del Bagaglino insieme a Mario Castellacci, sente salire la marea delle telefonate e lui, adesso un monco, vorrebbe solo stare in silenzio dentro a quelle ore tristi, che gli gocciano addosso come da un rubinetto scassato.

Caro Ninni Pingitore, tra lei e Oreste Lionello c’era un rapporto d’amicizia e di lavoro molto stretto. Può parlarne?
«Avevamo un rapporto tra neuroni. Più che la confidenza, ci legava la sensibilità. Io sapevo sempre esattamente che cosa pensava lui e lui sapeva sempre, esattamente, che cosa pensavo io».

Quando, in particolare, il vostro legame emergeva con forza?
«Al momento di leggere i copioni. Ci bastava un’occhiata, un semplice sguardo. A pagina due, per dire, già gli altri erano esclusi e noi ci eravamo detti tutto con gli occhi».

Nel mondo dello spettacolo sono rari sodalizi così potenti. Sarete stati molto invidiati, ricchi di idee com’eravate...
«Il fatto è che Oreste era talmente generoso che gli scivolava via tutto. La sua generosità era tale che era impossibile ferirlo. Era talmente forte e superiore che riusciva a starsene lontano dalle meschinità. Proteggendo anche me, con questo suo modo di fare».

Insieme avete scoperto e promosso molti artisti: chi vi ha cementato di più?
«Senz’altro Gabriella Ferri. Ci ha legato di più perché è stata una persona molto importante dal punto di vista dell’affetto, che lasciava circolare tra noi. Ci suscitava entusiasmo, agli inizi delle nostre avventure al “Bagaglino”. Ma anche rabbia, incazzature. Tra i Sessanta e i Settanta era tutto più netto. O amavi, o odiavi».

Perché Gabriella Ferri vi faceva arrabbiare?
«Perché i rapporti tra artisti non sono mai da segretario galante o da “Libro Cuore”. Il teatro è un ambiente chiuso, dove ogni giorno devi inventare qualcosa, anche se non ce n’è bisogno, perché già ti sei inventato tu. Gabriella, poi, era instabile, chiedeva continue conferme. E a volte, neanche noi le avevamo, le conferme. E se Oreste era puntualissimo, come me, la Ferri si faceva aspettare. Ore, giorni... La perdonavamo davanti a un piatto di spaghetti, a casa sua».

Pamela Prati, Valeria Marini, Aida Yespica: tra tante soubrettes, quale era la preferita di Oreste Lionello?
«Forse Valeria. La trovava gentile, oltre che adatta alla nostra idea di spettacolo. Ma anche con Pamela c’era un ottimo feeling: a Oreste piaceva molto quella sua timidezza, una certa chiusura, nella quale lui, timido vero, si ritrovava. Non l’ho mai sentito alzare la voce. Sempre la carezza, lui. Io, a volte, avrei dato lo schiaffo. Di Aida, non parlo: mi ha fatto troppo arrabbiare!».

Negli ultimi tempi, Lionello pareva infastidito dalla tivù commerciale. Ne parlavate?
«Spesso. Magari a cena, la sera. Prima che si ammalasse... A volte ci facevamo lunghe telefonate, a commento di qualcosa, in tivù, che ci aveva colpito. Perché non solo la tivù si è involgarita, ma tutto, tutto, ha preso questo andazzo. Che a Oreste non piaceva: era una persona più raffinata di quello che lasciava vedere».

Qual era, per lei, la qualità più notevole di Oreste?
«La sua virtù stoica. Soffriva terribilmente, negli ultimi tempi. E però veniva a teatro lo stesso, per Sex and Italy, continuando a fare spettacolo con una forza da eroe... Noi capivamo, ovviamente, che stava malissimo, ma lui era capace di affrontare il dolore fisico in modo virile, forte».

Ora che Lionello è scomparso, lo spettacolo al Bagaglino andrà avanti?
«Ancora non so niente... Ma non credo.

No, senza Oreste non si può».

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