Pioggia di lettere: caro Silvio, ora più fatti

Viaggio nel disagio dei lettori del Pdl. I cittadini chiedono il rispetto degli impegni: dalla riduzione delle tasse ai clandestini

Pioggia di lettere: caro Silvio, ora più fatti

Presidente Berlusconi, se lei alzerà ancora un dito per Napoli non avrà più voti dalla mia famiglia perché quella città vuole vivere nell’immondizia. Signor presidente, ho perso il lavoro, con la mobilità raggiungerò i 40 anni per la pensione ma, grazie al suo governo, la riceverò dopo altri 12 mesi: secondo lei è abbastanza per cambiare voto? Caro Silvio, ecco una breve sintesi del malumore della mia famiglia: riduzione dei parlamentari, nessuna decisione; riduzione delle tasse, aspettiamo da anni (ma chi decide, lei o Tremonti?); riduzione dei flussi di clandestini, nulla di fatto; riduzione di stipendi e benefici a parlamentari e soci, idem come sopra; eliminazione delle Province, non se ne parla. Caro direttore del Giornale, faccia sapere a Berlusconi di non andare tutti i giorni in tv a lamentarsi dei giudici: serve solo a fare ingrassare la sinistra e i loro duecento quotidiani.
Il popolo del centrodestra ha sommerso il Giornale di scritti. Arrabbiati, accorati, preoccupati, qualcuno perfino entusiasta perché «la sconfitta servirà di lezione»; ognuno con le ragioni della batosta e le ricette per recuperare. Le partite Iva criticano mancate liberalizzazioni e vessazioni fiscali; gli amministratori locali del Pdl sono tormentati dai problemi interni al partito. Gli elettori «semplici» hanno invece altri pensieri. «Sono anni che si parla di sicurezza e ordine pubblico, ma non è cambiato molto - scrive Giuseppe Merlino da Messina - si attacca la magistratura, ma nulla è stato fatto per ridimensionarne l’arroganza. Si auspicava un blocco dell’immigrazione clandestina e oggi questi signori arrivano a migliaia. Terremoti e alluvioni hanno dato una mano alla crisi mondiale, e fortunatamente il governo di centrodestra ha tenuto i conti in ordine, ma il lavoro langue, la disoccupazione è in aumento costante come la spesa pubblica».
«Il nostro premier - aggiunge Ugo Truccolo - ha moltissime qualità che nessuno disconosce, ma ha il grave difetto di non essere un politico. Era la sua forza, ora è diventata debolezza. È un errore strategico mettersi in confronto dialettico con la sinistra: non si può uscire vincenti con chi da anni ha imparato a manipolare e stravolgere i fatti e la verità. Quelli come me apprezzano molto di più la serietà piuttosto che la sguaiatezza, la pacatezza dei toni alle frasi urlate. Berlusconi molte cose le deve pensare senza dirle apertamente, deve agire senza spiegare: noi del centrodestra sappiamo giudicare i fatti e su quelli basiamo il voto».
Andrea Di Gisi vorrebbe che «Berlusconi facesse pulizia in casa propria di tutta quella gente che lo prende per i fondelli sulle sue reti televisive». Ma per Gianni Mereghetti di Abbiategrasso «non è sufficiente cambiare pedine per riportare tutto allo stato precedente. Bisogna rendersi conto che la gente ha espresso stanchezza verso una politica che ripropone una centralità ossessiva e soffocante dello Stato. C’è un bisogno di libertà che non nasce dallo Stato, ma dall’impegno che ogni uomo ha con le sue domande più vere». Una litania comune riguarda l’aumento di tariffe e bollette, la partecipazione alla guerra in Libia, le infrastrutture rimaste lettera morta.
E poi l’immigrazione, e qui gli strali d’accusa sono equamente distribuiti con la Lega. «Non avete avuto coraggio: perché? - si domanda Alberto Lastrico - Con una crisi economica gravissima, non si può sbattere sulla faccia degli italiani questa prodigalità a favore degli immigrati». Incalza Maddalena Porta, settantenne: «La perdita di consenso è iniziata quando Berlusconi ha sposato la politica della sinistra e di Napolitano: guerra alla Libia e porte spalancate all’Africa. Gli elettori di centrodestra non scendono in piazza, ragionano, capiscono che i tempi sono difficili e tirano la cinghia. Non gliene importa più di tanto della struttura interna del partito, ma non sopportano l’invasione di afroislamici».
Dagli elettori del Pdl emerge anche la voglia di riscatto. Scrive Paolo Capri da Pisa: «Vedo che a tanti, anche di destra, piace infierire sugli sconfitti; forse mette l’animo in pace e fa sentire vincenti. Io preferisco guardare ai fatti: per i liberali la sconfitta è lacerante. Berlusconi perde colpi, ma l’accozzaglia che preme alle porte del potere è quanto di peggio».

Per Angelo Cennamo «la sconfitta è salutare: serve un piano B per riconquistare in tempi brevi i consensi perduti. L’unico possibile riguarda il fisco, i soldi nelle tasche degli italiani: il ministro Tremonti è avvertito».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica