L’uomo che ha importato i supermercati in Italia è un signore che compirà 85 anni a ottobre e non intende smettere né di lavorare né di combattere. Bernardo Caprotti è un brianzolo che ha l’impresa nel sangue,figlio di una dinastia di industriali tessili che scoprì i «grandi magazzini» negli Stati Uniti, dove era andato dopo la laurea in legge per imparare l’uso dei macchinari per lavorare il cotone.
Un imprenditore che ama più i fatti che le parole, e preferisce scrivere piuttosto che parlare. Tre anni fa in un libro di successo, Falce e carrello , ha raccontato la sua avventura di capitano d’industria dettagliando tutte le trappole seminategli dalle Coop. Ora affida le nuove denunce ai giornali, ma non ai giornalisti: piuttosto che farsi intervistare (evento eccezionale), compra paginate di pubblicità sui quotidiani. Come ha fatto ieri facendo scoppiare l’ultimo scandalo sotto lo slogan «Concorrenza e libertà».
Nel 1957 Caprotti era nella compagine di imprenditori italiani soci dei Rockefeller nell’apertura dei primi supermarket tricolori. «Ero l’unico che parlava l’inglese», si schermisce mascherando il fascino che già esercitava su di lui il mondo della grande distribuzione alimentare. Nel 1965, a 40 anni, divenne direttore generale dell’azienda che di lì a poco avrebbe preso il nome di Esselunga e oggi è il secondo gruppo italiano nel settore. Una catena che fattura sei miliardi di euro, ha quasi 20mila dipendenti, applica i prezzi più bassi d’Italia, è stata eletta dai consumatori «Retailer of the year 2009» (miglior catena di negozi) e ha vinto l’Oscar dell’imballaggio per l’impegno ambientale. Caprotti è sempre stato alla guida dell’azienda.
Il sabato mattina gli piace fermarsi a chiacchierare con le massaie che fanno la spesa nei suoi 140 supermercati (firmati da architetti come Piano, Foster, Ponti) sparsi in 29 province del Nord e Centro Italia. Ha messo a punto un modello organizzativo perfetto. Sceglie i collaboratori a uno a uno e licenzia quelli che non funzionano facendoli accompagnare a casa in limousine, come è accaduto con un gruppo di manager intenzionati a spostare il centro degli affari dalle vendite sugli scaffali a quelle on line .
È stato tra i primi imprenditori a opporsi alle contestazioni sindacali che negli anni ’70 e ’80 sfiorarono il boicottaggio. E con lo stesso coraggio, definito «un dovere civile e una manifestazione di libertà», il patron di Esselunga ha denunciato in Falce e carrello (un bestseller nelle librerie e anche nei supermercati, Coop compresi) il legame strettissimo tra le Coop rosse e il potere politico-amministrativo nelle Regioni governate dalla sinistra. Un potere «che è andato concentrandosi in qualcosa che di democratico non ha proprio il sapore» perché assomiglia «a un boa constrictor che soggioga gran parte della pubblica opinione ».
Un atto d’accusa circostanziato: l’intera documentazione,anche ciò che non poteva essere allegato al volume, è
integralmente pubblicata su internet in un’ «operazione trasparenza» voluta dallo stesso Caprotti. Che è stato querelato dalle Coop. Ma lo scorso aprile il tribunale civile di Milano ha stabilito che il libro non è diffamatorio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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