Piove sul pallone? Governo ladro

L’equazione ha già preso corpo su Repubblica, che paragona Scilipoti a Beppe Signori. Un parallelo ardito per sostenere che tutto è marcio. E che la colpa, ovvio, è di Berlusconi

Piove sul pallone? Governo ladro

Quelli del giorno dopo. Re­pubblica , così tanto per dire. Merlo Francesco, per ribadi­re. Prima pagina del quotidia­no di De Benedetti ingegner Carlo: occhiello «Il caso», tito­lo «La sottile linea rossa tra Si­gnori e Scilipoti», seguono pensieri e parole del succitato Merlo che domanda, e si ri­sponde, quanto sia grande la differenza tra la Melchiorre e Bettarini, tra le note spese di Minzolini e le scommesse cal­cistiche a centrocampo, tra Fazio, ovviamente l’ex gover­natore, al quale non viene ri­servata la stessa sfrontata be­nevolenza sociale e gli stessi incredibili onori che vengono concessi a Moggi, tra Michele Greco e Beppe Signori, per spiegare anche che il centro­campo (ci risiamo) dell'Ata­lanta è come le strade di Scam­pia e la difesa del Benevento è come una piazza del Brancac­cio.

Va da sé che il Merlo spie­ga­ che il diletto è diventato de­litto ( il giochetto di parole è in­f­antile, Merlo lasci perdere, il dominio è del grande Gianni Mura); il calcio, sempre se­condo lo scrivente, fu attività disinteressata, ma oggi è pro­fessionismo di quest'Italia, dell'Italia di quest'epoca. Scandali ce ne sono dovun­que ma è oggi che l'Italia cor­rotta della politica non rispet­ta più gli argini. La corruzione in Italia, che è mostruosa in politica, è carsica nello sport. Ovviamente non manca l’ac­cenno alle tariffe della corru­zione calcistica simili a quelle del ragioniere Spinelli per le olgettine. Per fortuna nelle ul­time righe Merlo si ricorda dell'album delle figurine e traccia un confine tra Beppe Signori e Gigi Riva. Peccato che lo stesso Merlo non abbia letto, nelle ultime ventiquat­tro ore, alcune storie antiche del nostro calcio, i favolosi an­ni Trenta, Quaranta e Cin­quanta, trucchi, assegni, con­tanti, combine, squadroni, presidenti illustri, portieri, in­quirenti travestiti da frati, arbi­tri cornuti e venduti.

E che non sia informato sui casi che sono accaduti in Inghilterra, alla voce Grobbelaar, in Fran­cia alla voce Tapie, in Germa­nia, democratica e federale, in Belgio, in Spagna, nell'ex Unione Sovietica, in Sudame­rica, in Cina, oh sì, dove sono tante le Scampie e i centro­campi, dove i Scilipoti vanno via come il pane, un po' acca­de anche tra i giornalisti che viaggiano da un foglio all'al­tro, tenendo famiglia, si fa per dire. Ma la lettura dell'elaborato conferma l'esistenza di un ti­po italiano che vive in un altro mondo, il suo, il proprio in esclusiva, e si ritiene, sul sito medesimo, depositario della verità, della lealtà, del senso della vita, della conoscenza. Il resto è melma. Non si pone do­mande, eventualmente le im­pone, presenta risposte, sco­pre il fenomeno e se ne occu­pa pensando di avere la for­mula della pietra filosofale. Merlo Francesco scrive che ovviamente non bisogna spa­rare nel mucchio.

Forse per­ché gli sono finite le pallottole o forse perché il mucchio è sempre lo stesso. Ogni tanto, sarebbe opportuno prendere una mira diversa o informarsi sull'obiettivo da centrare. Nell'attesa suggerirei la lettu­ra de Il Pallone truccato, l'ille­cito nel calcio italiano , scritto da Paolo Carbone, per i tipi de i Libri dello sport.

Si accorge­rà che, dalla fondazione dell' impero pallonaro, il fenome­no della corruzione è, pur­troppo, roba quotidiana, che prescinde dal governo e dai governanti del Paese ma è fi­glio di un senso scorretto del­la vita, dovunque, comun­que. Se ne farà una ragione. Forse. Ventiquattro ore dopo.

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