La mafia che non cera, cè. Nichi Vendola non ricorda o non vuole ricordare. Parla di mafia, adesso. Dovera prima? Dovè stato finora? Dovè oggi? Provate a chiedergli se in Puglia, nella sua Puglia, nella nostra Puglia, cè la mafia. Lultima volta che qualcuno lha fatto, e non è stato molto tempo fa, il governatore ha risposto così: «È un demonio sempre in agguato». Si parlava dellinfiltrazione ipotetica dei clan nellaffare delleolico e del fotovoltaico. In agguato, dice Vendola. Magari. La fantasia aiuta a nascondere la verità solo fino a quando la realtà non si presenta e ti smentisce. La Puglia lo sa, perché il suo governatore no? Parla degli altri. Qualche giorno fa ha detto: la Puglia non è la Calabria. Sprezzante, vagamente razzista. Un senso di superiorità inutile, perché dovrebbe saperlo lui come lo sanno tutti gli altri pugliesi che la mafia cè. Negarlo è folle e vigliacco. Negarlo significa rafforzarla. La negazione della realtà assomiglia allomertà.
Il governatore Vendola dovrebbe aver imparato la lezione. A metà degli anni Novanta, quando lItalia piangeva ancora le morti di Falcone e Borsellino, in Puglia girava una strana atmosfera di presunta diversità. Cera una frase ricorrente e beffarda: qui non cè la Piovra, cè criminalità sì, ma è una cosa diversa. La mafia che non cera è stato un ritornello che la storia ha reso stonato. Lo cantavano le istituzioni: Comuni, Province, Regione, persino lo Stato. Alle altre regioni finivano uomini e mezzi, alla Puglia no. I magistrati antimafia lavoravano, i poliziotti e i carabinieri arrestavano, provavano lesistenza dei clan, eppure nessuno li vedeva. Compreso Vendola. Perché il governatore allepoca era un deputato e tra il 94 il 96 fu anche segretario della commissione parlamentare Antimafia. Non si ricordano sue dichiarazioni specifiche sulla Cosa Nostra pugliese. La Puglia ha contato i suoi morti, ha visto le sparatorie per strada, ha vissuto le stagioni dei maxiprocessi, ha combattuto. Cè un libro che forse il governatore dovrebbe leggere: Fantasmi, la mafia che non cera. È un lavoro a più mani, comprese quelle di Michele Emiliano, che allepoca era procuratore antimafia e non sindaco di Bari. Quel libro svela lipocrisia con la quale la gente pugliese ha dovuto fare i conti in quella stagione maledetta che sono stati gli anni Novanta: la guerra tra clan era quotidiana, ma sembrava inesistente. Era a Bari e nella sua provincia, nella terra di Vendola. Scrive Domenico Castellaneta, uno degli autori: «Partendo dai sei morti dellottobre del 1997 si risale sino alla tesi che a Bari la mafia cera e non è stata completamente distrutta, nonostante i successi conseguiti dalle forze dellordine e dagli organi giudiziari. La mafia cera e si era organizzata sullo stile della mafia siciliana, quella che sembra tanto lontana e che invece costituisce ancora il modello organizzativo delle famiglie criminali vecchie e nuove. Queste ultime, soprattutto. Che crescono e si moltiplicano. (...) La mafia cera. La mafia potrà continuare a esserci. Non vogliamo dimenticarla. Anzi, vogliamo distruggerla».
Il libro è uscito nel 1999. In quellanno Nichi Vendola parlava così: «Stiamo creando dei ghostbusters, degli acchiappafantasmi. Non esiste alcun allarme criminalità, ma solo la criminalità dellallarme». Il silenzio è il miglior modo per aiutare i clan, Vendola non può non saperlo. Però minimizzava allora e minimizza adesso ciò che purtroppo in Puglia accade: i morti ammazzati ci sono ancora, i traffici ci sono ancora, il racket cè ancora, il consenso di una parte della gente cè ancora. Non vedere tutto questo è criminale, parlare di altri e non di se stessi è immorale: la gente pugliese si merita un governatore che prima di preoccuparsi dei guai altrui pensi a quelli della sua gente che ha ripreso a sentire strane storie di killer che uccidono per la strada, come succedeva quindici anni fa a Bari e come ha ricominciato ad accadere adesso.
La Piovra pugliese che Nichi lo struzzo ha sempre nascosto
IPOCRISIA Nel 99 diceva: «Non cè allarme criminalità ma la criminalità dellallarme»
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